Il 2009 sarà un anno anomalo, ma il trend degli ultimi dieci anni resta chiaro: il ruolo del private equity nel settore della moda e del lusso è costantemente cresciuto.
Secondo le elaborazioni di Pambianco Strategie di Impresa, dalle 7 operazioni realizzate dai fondi del 1998 (su un totale di 59 M&A), nel 2008 si è arrivati a 28 operazioni su 121. Il private equity, in altre parole, può sostenere la competitività d'impresa, come hanno confermato ieri al Luxury Summit del Sole 24 Ore Riccardo Bruno, senior partner del fondo Clessidra, e Giovanni Poggio, partner di PricewaterhouseCoopers.
«Negli ultimi quattro anni il settore del private equity, è stato caratterizzato, a livello globale, da una significativa crescita sia di operazioni sia di totale investito – ha spiegato Poggio -. Nel 2005 si registrarono 281 operazioni per un totale di 3,065 miliardi di euro, nel 2008 siamo passati a 372 operazioni per 5,458 miliardi, con una crescita media del 38,6%. In un momento come questo, dove stiamo ancora facendo i conti con lo scoppio della bolla finanziaria e il credit crunch, il ruolo del private equity è destinato a diventare sempre più importante. Anche perchè, oltre alla liquidità, i fondi offrono capacità manageriali e di analisi particolarmente utili in momenti difflcili».
Come Clessidra investiamo in molti settori, anche perchè la diversificazione del portafoglio investimenti è buona regola per tutti, piccoli e grandi risparmiatori o investitori ha aggiunto Riccardo Bruno -. La moda e il lusso hanno le loro specificità, e per questo abbiamo esperti dedicati quando facciamo operazioni nel settore. Quanto al problema, a volte Sollevato, del conciliare la durata tipica dell'investimento di un fondo con i tempi di sviluppo dei brand della moda, che si misurano in unità molto più lunghe, si tratta di trovare il giusto equilibrio. E' chiaro che un'operazione di private equity ha successo solo se si comprende fino in fondo il Dna di un marchio a lo si rispetta. Ed è altrettanto chiaro che con altri tipi di partner, ad esempio industriali, le aziende possono avere altri problemi. Abbiamo visto spesso che all'interno di grandi gruppi i singoli marchi rischiano di perdere un po' della loro identità».
Quanto alle prospettive, Poggio e Bruno restano ottimisti, anche se, ammettono, gli attuali multipli delle aziende quotate del comparto, in media otto volte l'ebitda 2008, sono in calo rispetto al passato.