La crisi, per quanto dura, ha le sue ricette. Il Sole 24 Ore ha chiesto a chi rappresenta il made in Italy, settore per settore, di indicare almeno tre ingredienti di successo per il 2009. Industriali, analisti e lavoratori. Adolfo Urso, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega al commercio estero, si professa ottimista sul futuro del made in Italy. Il 2009 è vicinissimo, e la sua personale ricetta per tenere la barra ferma contro la crisi è la riforma delle strutture destinate a sostenere il made in Italy all'estero. C'è bisogno di un riordino che ottimizzi le forze in campo � dice Urso -, bisogna dare alle imprese riferimenti coordinati e certi, supporto e assistenza economica e legale. Umberto Vattani, presidente dell'Ice, concorda con il sottosegretario sul ruolo e sul peso delle nostre istituzioni all'estero. Abbiamo accumulato nel tempo oltre una trentina di missioni e la nostra rete di uffici davvero è fondamentale già fin d'ora per poter sostenere uno sviluppo all'estero del made in Italy. Si tratta di un prezioso valore aggiunto che sta a noi migliorare e rendere ancora più effettivo, sottolinea Vattani.
E le aziende? Quali sono gli umori per l'anno che arriva?
II made in Italy non può essere trascurato, anche se gli attacchi della crisi sono più che evidenti. Bisogna muoversi, dal design all'alimentare alla ricerca alla moda, i nostri asset fondamentali devono essere sostenuti e potenziati. Bisognerà essere più coordinati, di recente è emerso anche il problema legato molto da vicino all'export della miriade di fiere che ogni anno vengono organizzate dai nostri principali enti fieristici privati che però incassano effetti collaterali sgradevoli, tra cui la sovrapposizioni di date ed eventi. Di missioni, nel suo incarico da vicepresidente di Confindustria con delega sull'internazionalizzazione, Paolo Zegna ne ha già organizzate due, in Vietnam e Israele. Anche le imprese, a suo avviso, devono riuscire a serrare i ranghi per continuare a mantenere alta la bandiera del made in Italy. «Su oltre quattro milioni di aziende – Zegna ci tiene a sottolinearlo – solo il 20 per cento è dedicato espressamente all'export. E una parte ancora più ridotta all'estero ha non solo una rappresentanza commerciale ma anche una componente produttiva. Una percentuale che deve crescere per permetterci di mantenere quote di mercato». Certo il tallone d'Achille è rappresentato come sempre dalle piccole e medie imprese per le quali è necessario creare una rete di supporti reali, effettivi. «Dobbiamo anche saperci muovere insieme, in maniera più unitaria, solo così gli sforzi all'estero potranno essere effettivi», rimarca Paolo Zegna. Quando all'estero andiamo insieme, compatti, la strada è meno in salita». E il “ponte” ideale creato tra Expo Shanghai 2010 ed Expo di Milano 2015 con l'ultima missione governativa cinese, ne rappresenta un più che valido esempio.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 23/12/08 a cura di Pambianconews