Sull'orlo del fallimento nel 2005, con un «buco» di 51,5 milioni di euro su un fatturato di 83,8 e il titolo, quotato alla Borsa di Parigi, a più riprese sospeso per eccesso di ribasso, il destino di S.T. Dupont, il marchio francese degli accessori d'alta gamma, sembrava segnato: chiudere, oppure passare per pochi spiccioli sotto nuovo padrone. Lvmh o Ppr, i due colossi del lusso d'Oltralpe, non avrebbero certo avuto difficoltà nell'aggiungere un nuovo brand, seppur un po' appannato, alla loro già ricca collezione made in France.
E invece no. A mettere mano al portafogli è stato l'azionista di maggioranza della società: Poon Dixon, l'uomo d'affari di Hong Kong, dal 1997 proprietario della maison parigina, noto per la proverbiale riservatezza. «Nel 2005 è stato lui a finanziare la ricapitalizzazione da 42,3 milioni, che ci ha permesso di appianare i debiti, o quasi», racconta Alain Crevet, 47 anni, chiamato nel settembre 2006 alla guida di S.T. Dupont.
Con un passato in P&G e in Givenchy (gruppo Lvmh), il manager ha ricevuto un mandato in due parole: «Recuperare redditività». Anche attraverso una revisione dell'organico: «Tra uscite incentivate e piani di prepensionamento, abbiamo alleggerito la struttura di 152 unità», specifica Crevet, cui oggi fa capo un team di 716 persone, 392 delle quali concentrate nella fabbrica di Faverges, nel cuore della Francia, dove viene prodotta la maggioranza degli articoli Dupont. Fra questi, gli accendini dal design rettangolare inconfondibile: l'apertura del coperchio, infatti, è accompagnata da un suono in la maggiore.
«Oggi gli accendini valgono il 40% circa del nostro fatturato, mentre gli articoli in pelle e le penne ne coprono, rispettivamente, il30% e il 25%» precisa Crevet. «Il restante 5% è garantito dalle royalty dei profumi e degli occhiali a marchio Dupont».
Estratto da Economy del 26/10/07 a cura di Pambianconews