Focus sulle imprese di dimensioni medio-piccole, con prospettive di quotazione in Borsa; meno leva finanziaria e importi di debito più contenuti rispetto al margine operativo lordo; forte sostegno delle banche regionali; mantenimento delle garanzie e dei covenant nella contrattualistica; utilizzo minimo o nullo della tecnica della cartolarizzazione per rivendere il prestito bancario all'investitore istituzionale. Sono queste le caratteristiche che contraddistinguono il private equity italiano e che lo hanno reso molto meno vulnerabile alla carenza di liquidità scaturita dalla crisi dei mutui subprime.
Gli Lbo (leveraged buy out) in panne negli Usa e nel Regno Unito, a causa delle cattive condizioni di mercato, si contano ancora in centinaia di miliardi di dollari. In Italia il mercato del private equity potrebbe registrare nel secondo semestre 2007, periodo nel quale si concentrano i due terzi delle operazioni, un lieve rallentamento rispetto al primo semestre (quest'ultimo in linea con i 3,7 miliardi complessivi dell'anno precedente).
Una contrazione dovuta per lo più all'assenza delle transazioni più grandi, in attesa di un miglioramento della liquidità. Quest'anno dovrebbe tuttavia essere confermata la crescita del private equity per le Pmi. I dati ufficiali Aifi del mercato, compreso il venture capital, sono attesi domani.
«Anche il mercato italiano del private equity era sovradimensionato nei 12 mesi precedenti lo scoppio della crisi subprime con operazioni finanziate in misura superiore agli standard di settore, ha commentato Giovanni Campolo, amministratore delegato di Private Equity Partners. Ora siamo tornati alla normalità: noi nel finanziamento delle operazioni tradizionali non abbiamo risentito di alcun credit crunch». Con oltre 15 anni di esperienza e 50 operazioni al suo attivo, Private equity partners di Fabio Sattin e Giovanni Campolo opera in acquisizioni di quote di minoranza per accelerare crescita internazionalizzazione delle aziende anche con l'obiettivo di quotazione in Borsa (Art'è, Camuzzi, Natuzzi, Trevisan, Marr, Datamat, Sofinter, Marazzi) e nel buyout, acquisizione di quote di maggioranza (Tecnologistica, Negri Bossi, Wire Industries).
«Il private equity in Italia non è solamente basato sul ricorso al debito e sull'uso della leva finanziaria, ha aggiunto Campolo. In molti casi i fondi di private equity rilevano una quota di minoranza, attraverso un aumento di capitale dell'azienda e disinvestono al momento di un'eventuale quotazione in Borsa con un ricorso al debito non significativo. Inoltre il mercato italiano è dominato dalle banche e per questo le garanzie (covenant) sono rimaste».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 10/10/07 a cura di Pambianconews