Gli scooter Piaggio e i farmaci Sigma Tau, gli alberghi Jolly Hotels e la plastica biodegradabile Novamont, i gioielli Stroili e, presto, le borsette Prada. Aziende che hanno in comune almeno due cose: sono espressione del made in Italy e hanno Banca Intesa come azionista. La lista non è esaustiva: il gruppo ha investito circa 2 miliardi di euro in una cinquantina di imprese e nei 15 anni di attività ha effettuato almeno altre 80 operazioni.
A differenza di altri modelli, però, le attività di merchant banking di Banca Intesa non fanno capo a una società ad hoc, ma rappresentano una delle opzioni di intervento della Divisione corporate guidata da Gaetano Micciché. E la Direzione merchant banking, che fa capo a Marco Cerrina Feroni, offre un ventaglio di opzioni che va dall'area degli investimenti istituzionali, seguita da Amedeo Nodari, fino al private equity di Luciano Hassan.
«Rispetto ai fondi di private equity abbiamo una maggiore flessibilità» spiega il responsabile del merchant banking di Intesa. «Non abbiamo una dotazione di capitale predefinita, poiché lavoriamo sul bilancio della banca, né abbiamo una durata prefissata per la nostra attività» continua «e pur avendo le stesse logiche, nel senso che di norma effettuiamo investimenti con durata di 4-5 anni, assumendo partecipazioni di maggioranza o minoranza a seconda delle dimensioni dell'azienda, possiamo decidere di restare senza alcun vincolo temporale, accompagnando l'impresa per un altro tratto di strada, se la situazione lo richiede».
E il futuro, assieme a Sanpaolo Imi, cosa prevede? «Il piano industriale della fusione si farà nel 2007, ci penseremo l'anno prossimo».
Estratto da Economy del 24/11/06 a cura di Pambianconews