Lo chiamano Xiushui Market, cioè il Mercato della Seta, si tratta di un magazzino nuovo di zecca nel cuore di Pechino, probabilmente il più grande spaccio organizzato di prodotti contraffatti del mondo intero. In realtà, a vendere la seta là dentro è solo un'esigua minoranza di commercianti. Gli altri trafficano falsi d'ogni genere. Perlopiù abbigliamento, ma anche scarpe, borse e pelletteria. Con il beneplacito delle autorità locali che chiudono un occhio, spesso anche due, per far finta di non vedere ciò che accade tra le mura del tempio della contraffazione dove il commercio illegale genera un giro d' affari annuo stimato intorno a 50 milioni di dollari.
Dopo aver promosso per anni iniziative di vario genere per stroncare il malaffare della contraffazione in Cina, le cinque case di moda hanno deciso una manovra diversiva rispetto alle azioni legali tradizionali contro i falsari. Tramite il Gruppo di lavoro beni di lusso del Quality Brand Protection Committee (Qbpc, l'associazione di 129 multinazionali operanti nel settore dei beni di consumo) Prada, Gucci, Chanel, Louis Vuitton e Burberry hanno chiamato direttamente in causa il padrone dell'immobile che dalla scorsa primavera ospita il nuovo Xiushui Market. L'accusa è chiara, i legali delle cinque società sostengono che il locatore del Mercato della Seta sia da ritenersi sul piano civile responsabile alla stregua dei commercianti che vendono le griffe «tarocche».
Finora, le autorità cinesi hanno utilizzato il guanto di velluto per perseguire i contraffattori. Ma la decisione della seconda Corte intermedia del Tribunale di Pechino, che ha convocato per il primo novembre un'udienza per discutere la denuncia delle griffe associate al Qbpc, potrebbe significare che il Governo cinese ha scelto finalmente di muovere guerra all'industria dei falsi. Una serie di operazioni di polizia anti-contraffazione, seguite da pesanti sanzioni amministrative, condotte proprio in questi giorni a Pechino sembrerebbero indicare che il regime di piena tolleranza di cui hanno goduto finora i falsari sia finito.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 13/10/05 a cura di Pambianconews