I cambi manageriali che stanno avvenendo nella moda e nel design indicano una grossa trasformazione in corso, con sempre maggiori incursioni della moda e del lusso nel largo consumo e nella telefonia, mentre il design si avvicina alle strategie di svliuppo già seguite dalla moda. Così, se Gucci sembra entrata nel solco tracciato da Lvmh (il neoamministratore delegato Robert Polet viene da Unilever, così come il numero due di Lvmh Toni Belloni era staso strappato a Procter & Gamble), la società della luce Artemide ha seguito nei giorni scorsi il processo già avviato da B&B e Frau, nell'arredamento, e da Ferragamo, visto che al fianco di Carlotta de Bevilacqua è arrivato come secondo amministratore delegato Massimo Manelli, un passato in Versace e in Motorola (ma anche in Kraft).
B&B (fondo Opera) aveva chiamato di recente come amministratore delegato Roberto Falchi trascorsi nella moda (Dior e Prada), per avviare un deciso progetto di retail. Mentre Frau è entrata nell'orbita di Charme, la società che ha tra i suoi soci nomi del made in Italy come il presidente designato di Confindustria Luca di Montezemolo e il patron della Tod's Diego Della Valle. Quanto a Ferragamo per la sua comunicazione è andato a cercare nella telefonia.
I motivi alla base di questi travasi da un settore all'altro sembrano essere diversi. Intanto, la comunicazione. Per quanto riguarda la moda Vittorio Giulini, presidente di Sistema moda Italia, l'associazione confindustriale del tessile-abbigliamento, ricorda che questo settore «ha inventato quello strumento di comunicazione straordinaria che è stata la sfilata, con il più alto ritorno in rapporto all'investimento fatto. Ma oggi, dice Giulini, questo strumento si è banalizzato e quindi si cercano nuovi modelli». E i telefonini, non solo per il loro successo ma anche per l'essere diventati un concorrente diretto anche della moda, rappresentano una terra interessante.
C'è, poi, il tema più vasto che riguarda la complessità che è stata progressivamente assunta dalle imprese. Inizialmente composte solo dallo stilista e da un pool di licenziatari, oggi sono gruppi internazionali con negozi in tutto il mondo e sempre più spesso anche produzioni in diverse parti del mondo. Magari, anche con marchi diversi sotto il proprio ombrello. Da qui l'esigenza di professionalità diverse. Lvmh prima e Ppr (azionista di Gucci), poi si sono instradate su uomini provenienti dal largo consumo e con cultura fortemente americana essendo restati, Belloni e Polet, entrambi due decenni nelle due multinazionali prima di passare al lusso.
Estratto da CorrierEconomia del 3/05/04 a cura di Pambianconews