Non bastano tre anni di congiuntura e consumi in frenata per fermare gli investimenti sulle boutique di lusso. Secondo gli ultimi dati disponibili di Ac Nielsen Sita, le catene di negozi diretti (i dos, direct operative store) sono cresciute di quasi il 2% in Italia, arrivando a coprire il 16% dei consumi. Non solo, la spesa nella fascia di prezzo più alta di abbigliamento e accessori è passata dal 52% del 2001 a quasi il 55% del 2002. Si tratta di «un boom significativo, trainato dai marchi top level, che sta proseguendo anche nel 2003», spiegano dalla società milanese specializzata in ricerche di mercato. Il fenomeno vale anche sull'estero, sebbene in certi casi si sia tradotto in un aggiustamento della linea strategica. Come è accaduto per Prada e Bulgari. Il gruppo guidato da Patrizio Bertelli ha leggermente rallentato le aperture dei marchi Prada e Miu Miu, tuttavia ha puntato sull'innovazione architettonica, con la formula Epicentro. Il primo Epicentro ha aperto nel dicembre del 2001 a New York; il secondo, inaugurato a Tokyo nel 2003 è stato il maggiore investimento diretto straniero in Giappone dal dopoguerra: 80 milioni di euro. La prossima apertura è prevista a Beverly Hills nel 2004.
Bulgari, invece, si è concentrata più sulle ristrutturazioni che sulle nuove aperture, con il restyling integrale di due tra i principali flagship store del gruppo a Los Angeles e Ginza (Tokyo). Obiettivo quasi raggiunto per Gucci: da 165 a 181 i dos del solo marchio Gucci da luglio 2002 a luglio 2003, per un investimento nell'ultimo biennio pari a 320 milioni. Al punto che il gruppo può permettersi di annunciare «un prossimo rallentamento negli investimenti, in quanto da fine 2003 la rete dei diversi brand sarà completata». Chi, invece, è in piena accelerazione è Tod's. Solo nel primo semestre 2003 il gruppo marchigiano ha aperto 17 nuovi dos e punta a realizzare 25-30 aperture entro la fine dell'esercizio per arrivare a quota 100 (e mantenere poi una media di 15 aperture l'anno). Insomma, crisi o non crisi, il made in Italy ha bisogno di mantenere il controllo della distribuzione: «è il modello vincente italiano nella competizione globale», ha spiegato di recente il presidente di Sistema Moda, Vittorio Giulini.
Estratto da Finanza&Mercati del 28/10/03 a cura di Pambianconews