C'è un occhio più attento alla finanza, nel gruppo Burani. E anche a un'espansione ulteriore basata su alleanze. Le ultime operazioni, infatti, sembrano indicare un'evoluzione negli interessi e nell'approccio della famiglia emiliana che controlla il gruppo della moda quotato in Borsa. Poco più di due mesi fa l'ingresso di Interbanca nella Burani Designer holding, la società che è azionista di riferimento dell'azienda quotata. Il recente accordo con L Capital, il fondo del gruppo Lvmh che è entrato al 30% nell'Antichi Pellettieri, capofila del comparto pelletteria di Burani. Ma anche la partecipazione nella Popolare di Lodi. E altri dossier risultano aperti. La persona, che per la famiglia, si occupa di finanza e strategie è Giovanni Burani, figlio della stilista Mariella, amministratore delegato del gruppo.
L'impressione è che la sua famiglia si stia distraendo dalla moda…
«Oggi il 90% del nostro tempo è ancora dedicato all'abbigliamento e alla pelletteria. Un settore, quest'ultimo, da cui ricaviamo il 30% del fatturato e per il quale, dopo l'accordo con L Capital, abbiamo aggiornato il piano strategico».
Che prevede?
«Una crescita più aggressiva su mercati anche nuovi come l'Europa dell'Est. Attualmente il nostro gruppo ottiene nell'Europa dell'Est il 14% del giro d'affari, che arriva al 18-20% nella pelletteria. L'obiettivo è aumentare questa quota al 22-25% entro il 2006 grazie allo sviluppo di nuovi negozi monobrand. In marzo, inoltre, apriremo il nostro primo negozio #'Il mondo di Mariella Burani'', anche se il nome è ancora in fase di analisi, che raggruppa i diversi marchi del gruppo».
Si farà lo spin off della pelletteria di cui si è parlato?
«Per adesso non è previsto. è un progetto che andrà verificato tra cinque anni. è una delle opzioni del contratto con L Capital».
L'obiettivo?
«Scindere le società e quotarle ma, come ho detto, è un'idea molto distante nel tempo».
Torniamo alla moda. Qual è l'elemento più importante in un momento critico come quello attuale?
«Gli uomini. Che sono una risorsa ben più importante della distribuzione e anche dei marchi. Oggi pensare di avere un brand forte senza avere un management adeguato per gestirlo è pura follia».
Estratto da CorrierEconomiadel 22/09/03 a cura di Pambianconews