La regia dei negoziati è nelle mani di Riccardo Stilli, chief financial di Prada, e della Deutsche bank, l'emittente del bond da 700 milioni collocato a dicembre 2001 con diritto di conversione in azioni della capofila olandese del luxury group. La tornata di incontri è in pieno svolgimento e coinvolge anche Intesa, Centrobanca, Bnp Paribas e Barclays, le altre quattro banche collocatrici. L'obiettivo, che sarà finalizzato dopo la pausa estiva, è rinegoziare i covenant dell'emissione, ossia gli impegni di bilancio che Prada deve rispettare a garanzia dei creditori. Tutto nasce dal fatto che il gruppo di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, che a giugno 2002 aveva fermato in corsa la quotazione, non prevede di sbarcare a Piazza Affari in tempi brevi.
Nell'ultimo bilancio, firmato da Bertelli il 23 maggio scorso, si dice che è #'estremamente improbabile che i piani per una Ipo si realizzino prima della seconda metà del 2004''. Come dire che solo allora si vedrà se si apre una finestra per quotarsi entro giugno 2005, termine ultimo perché il bond a 3,5 anni diventi convertibile (in mancanza, va rimborsato per cassa).
Il punto è che i covenant fissati con le banche all'emissione (dicembre 2001) erano stati disegnati sul presupposto che Prada fosse già quotata entro quest'anno.
In particolare, per fine 2003 il rapporto pfn/ebitda (posizione finanziaria netta di Prada più la controllante Itmd sul margine lordo) non doveva eccedere 3,5 rispetto a 4 di giugno 2003 e 4,5 di fine 2002. Impegni diventati irrealistici, dal momento che la mancata quotazione ha fatto venire meno un miliardo di incasso. Basta dire che a dicembre 2002 i debiti netti Prada più Itmd erano 1,45 miliardi (770 la sola Prada holding) a fronte di un ebitda di 210 milioni. Un rapporto di circa 7 volte.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Mondo del 1/08/03 a cura di Pambianconews