Secondo l'analisi annuale elaborata da Pambianco strategie di impresa per il Mondo, i primi 25 gruppi nazionali non sono certo cresciuti al passo di carica del 2000 (+28,2%), ma hanno comunque registrato un'espansione del 3% dei ricavi, una percentuale, peraltro, che sconta l'effetto negativo del rafforzamento dell'euro, un impatto importante visto che in media tra il 20 e il 25 % del giro d'affari dei luxury group viene dall'area dollaro a yen. Con 22 miliardi di fatturato, i 25 big italiani hanno anche mantenuto inalterata al 25 % la loro quota sul mercato mondiale: ‘Una percentuale che sale al 35% se si considerano solo i ricavi dei gruppi che operano solo nella fascia più alta del lusso’, precisa Carlo Pambianco, l'esperto che dirige l'osservatorio sulla moda. Certo, la redditività è calata: la società di consulenza milanese stima che il rapporto tra l’utile e il fatturato delle prime cinque conglomerate del lusso sia diminuito dal 6,4% del 2001 al 5%. Ma la discesa è in atto dal 1999, anno in cui il rapporto si collocava al 9,2%. Le cause? ‘Ovviamente il calo delle vendite, ma anche la riduzione tendenziale dei prezzi, anche attraverso un diverso mix di prodotti, l'aumento degli ammortamenti a degli oneri finanziari conseguenti alle acquisizioni effettuate, oltre che il rafforzamento dell'euro’, spiega Pambianco.
Ai cinque omologhi stranieri delle luxury goods non è andata meglio. Il rapporto del 6% tra utile a fatturato è in realtà ampiamente gonfiato dai risultati brillanti di Lvmh che ha registrato un aumento del 29% dell'utile di esercizio (2,8 miliardi) per il 2002. Al netto di questa performance, il rapporto scenderebbe a14%.
Il rallentamento congiunturale iniziato nella metà del 2001 a continuato nel 2002 sembra destinato a proseguire anche quest'anno. ‘E se così fosse, l'onda lunga dell'incertezza potrebbe anche estendersi al 2004», dice Agostino Ropolo, amministratore delegato della Fashion group Italia, divisione moda del colosso francese Lvmh. Ma tutti i leader tengono duro a continuano a mantenere il ritmo di investimenti (80 milioni la Giorgio Armani, 130 il gruppo Prada) nello sviluppo dell'apparato industriale, nell'apertura dei negozi e negli investimenti pubblicitari. Convinti che se ripartirà la crescita saranno proprio i brand più affermati i priori ad approfittarne.
Il campione della crescita è Dolce & Gabbana con ricavi in crescita del 41,3% a l'Ebitda (95,3 milioni) in aumento de173%. La società presieduta da Stefano Gabbana raccoglie i frutti degli investimenti in nuovi business (calzature a maglieria) a nell'apertura di negozi. ‘è una griffe in piena crescita che ha ancora ampi margini di crescita’, osserva Pambianco. A ruota è seguita la It holding di Tonino Perna che, con il consolidamento su tutto l'anno della Gianfranco Ferré, ha visto il fatturato crescere del 25 % a 656 milioni. Ma a stupire analisti ed esperti è stata la Lvmh i cui utili da extraterrestre, come li ha definiti il suo presidente Bernard Arnault, sono il risultato di forti investimenti sui marchi corazzata (Louis Vuitton soprattutto), della scommessa su nuovi stilisti, ma anche di un'attenta politica di riduzione del debito.
Tutti i gruppi hanno continuato a investire per migliorare a controllare la produzione. La Giorgio Armani, impegnata in una riorganizzazione e semplificazione societaria, ha per esempio rilevato la Guardi (calzature) a ha acquisito il controllo della maglieria Deanna. Mentre lo stilista Armani ha liberato il gruppo dalle attività immobiliari per migliorare la visibilità degli utili provenienti dal business moda. La stessa Lvmh ha completato l'acquisto della maggioranza del calzaturificio Rossi moda. Tra i gruppi in ristrutturazione, la Marzotto nel 2002 ha praticamente completato il riassetto con la chiusura di alcune attività tessili. Le previsioni del vertice parlano di un 2003 con ricavi in crescita del 5% a un aumento del mol superiore all'1%. Gli investimenti riguarderanno in special modo la Valentino che, insieme con Marlboro classics a Hugo Boss, rappresenta il core business. La Finpart di Gianluigi Facchini sta invece proseguendo la campagna dismissioni per migliorare la posizione finanziaria.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Mondo del 28 marzo a cura di Pambianconews