In un anno in cui molti grandi player del mondo del lusso hanno visto gli utili scendere in picchiata, Giorgio Armani chiude il 2001 con risultati molto positivi. I ricavi consolidati raggiungono la quota record di 1.272 milioni di euro, in aumento del 23 per cento rispetto all'anno precedente e l'utile netto si attesta sui 110 milioni di euro, in calo del 10 per cento rispetto al 2000.
L'anno scorso il gruppo ha investito 307 milioni di euro in acquisizioni, per potenziare la rete dei punti vendita e in altri progetti, tra cui la ristrutturazione del nuovo quartier generale in via Bergognone e l'Opa su Simint, società che è stata tolta dal listino. Nell'arco del 2001 sono stati aperti 33 nuovi negozi e sono stati rinnovati 20 punti vendita già esistenti. Nell'arco di quest'anno ne saranno aperti altri 20. Sarà lanciato a breve un nuovo profumo mentre stanno per essere acquisite quattro nuove unità produttive per la produzione di scarpe.
La crescita della Giorgio Armani è stata interamente autofinanziata. Lo stilista ha resistito alle lusinghe dei grandi poli del lusso che volevano acquisire il suo marchio: «e poi cosa faccio», ha detto, «vado in vacanza con i ricchi a Montecarlo?». L'uomo che ha cambiato il modo di vestire del mondo intero, dice di considerarsi ormai più un imprenditore che uno stilista, ma tiene ancora sotto controllo ogni dettaglio dell'impero che ha creato.
«Mi spaventa molto essere una �one man company�, un gruppo che ruota attorno a una sola persona, come mi hanno definito gli americani», dice Giorgio Armani, che sta anche pensando alla successione. «Ma sto preparando delle realtà manageriali a tutti i livelli: quello commerciale, quello direttivo e quello finanziario in modo da permettere un eventuale successione. Anche a livello stilistico misto muovendo in questo senso, ma in questo campo le cose sono più difficili».