L'accessorio è diventato indispensabile. Lo sanno bene le case di moda che hanno cominciato a firmare scarpe e borse per rafforzarsi sul mercato oppure quelle che hanno costruito il loro successo con la pelletteria e poi lo hanno trasferito sull'abbigliamento. Anche perché l'accessorio garantisce la redditività più alta nel mondo della moda e ha un fortissimo ritorno di immagine. Per gli orologi il rapporto con le griffe è storia recente, ma la tendenza è di sviluppo. Se qualcuno è andato in Svizzera a comprare una casa di orologi, come è successo per Gucci e Bulgari, per gli altri il business è firmare gli orologi, soprattutto attraverso le licenze. Secondo Pambianco Strategie di impresa, nel mondo ci sono 70 marchi dati in licenza, di cui 18 italiani.
Versace è stata una delle prime griffe a produrre orologi. Ha lanciato la sua collezione nel 1989 e oggi la vende in mille negozi, tra cui 250 boutique Versace: vale tre quarti dei 16 milioni di euro di fatturato wholesale della Versace Precious items, che produce anche penne e gioielli. Nel 2000 sono stati venduti 50mila orologi, sviluppati dall'ufficio stile di Donatella Versace e realizzati dalla svizzera Ebel.
Giorgio Armani ha cominciato nel #97, con la collezione Emporio Armani, affidando la licenza al gruppo americano Fossil, che lavora anche per Diesel e per Dkny, la linea giovane di Donna Karan. In futuro potrebbe nascere anche una linea Giorgio Armani: per ora gli orologi sono in vendita solamente nei 120 negozi Emporio Armani.
Nel rapporto con le griffe si rafforzano anche i produttori. L'italiana Binda gestisce la licenza Dolce&Gabbana time. Nel 2000 Binda ha fatturato complessivamente circa 100 milioni di euro in Italia e altri dieci all'estero.
sintesi dell'articolo di Alessandro Balistri a cura di Pambianconews