Continua senza sosta la decimazione delle imprese italiane (distribuzione inclusa) del comparto tessile, abbigliamento e calzature. E in poco più di un anno l’equivalente di un piccolo paese è stato decimato. Sono state 14.500 le imprese che hanno chiuso i battenti da gennaio 2013. Inoltre, nel primo bimestre 2014 si contavano 131.682 imprese del settore moda contro le 158mila del 2011, con una riduzione quasi del 17 per cento. È quanto rivela la Fismo Confesercenti, l’associazione di categoria che rappresenta le Pmi del commercio, del turismo, dei servizi, dell’artigianato e dell’industria, in occasione della sua assemblea annuale. Le cinque città con saldi negativi più alti nei primi due mesi del 2014 sono Roma, Napoli, Torino, Milano e Brescia.
I dati sulle chiusure ricalcano la trasformazione in atto dei consumi. In sei anni, riporta lo studio, ogni italiano ha ridotto la propria spesa in abbigliamento e calzature di circa 150 euro. Nel 2007 si spendevano circa 1.000 euro pro-capite, nel 2013 se ne sono spesi 850. Tra l’altro, l’intensità della crisi muta sì i comportamenti dei consumatori, ma ha anche effetti differenziati sul settore distributivo: nel 2012 per la prima volta la quota di prodotti venduti in saldo o in promozione ha superato il 50% del fatturato e tra i canali distributivi perdono più terreno i piccoli esercizi (-10,3% nel 2012), poi la grande distribuzione de-specializzata (-9,9%) e crescono solo outlet (14,2%) ed e-commerce che ha visto nel 2012 un +31% rispetto al 2011.