Novembre è stato un mese da record per i prezzi del retail online negli Usa, che hanno assistito a un aumento pari al 3,5% su base annua. Si tratta dell’incremento maggiore dal 2014, quando la software house Adobe ha iniziato a monitorare l’andamento dell’economia digitale d’oltreoceano.
Ben 11 delle 18 categorie monitorate da Adobe hanno visto aumenti di prezzo a novembre, con in testa abbigliamento, fiori e oggettistica per la casa. Il comparto dei vestiti, in particolare, è salito del 17,3% su base annua. In leggera controtendenza giocattoli ed elettronica, i cui prezzi sono calati come di consueto a ridosso della fine dell’anno.
L’impennata, che segna il 18° aumento mensile consecutivo, è un altro segno inequivocabile dell’inflazione galoppante che sta pesando sul Paese. A livello nazionale, l’inflazione sta raggiungendo i livelli più alti da decenni e i dati del governo ormai prossimi alla divulgazione si stima mostreranno un’accelerazione del 6,8%, sulla base delle previsioni degli economisti. Si tratterebbe della più alta dagli anni 80.
Non appena i mercati hanno ripreso quota, tra la crisi della supply chain e i conseguenti rincari delle materie prime e una costante e ingestibile crescita della domanda, lo spettro dell’inflazione ha iniziato a fare capolino. Soprattutto nella cornice dei consumi digitali, diventanti preponderanti nell’era del Covid. Una volta terra di sconti selvaggi, soprattutto nell’atteso periodo delle festività natalizie, tradizionalmente momento d’oro per lo shopping, ora l’e-commerce è in balia di costanti aumenti dei prezzi.
Ormai abituati a comprare in digitale, gli americani hanno speso online 114 miliardi di dollari (circa 101 miliardi di euro) lo scorso mese, registrando un +13,6% rispetto all’anno precedente. Un aumento della domanda e della propensione alla spesa che ha lasciato molti consumatori delusi: secondo Adobe, che monitora circa 100 milioni di prodotti, il numero di notifiche per articoli andati sold out ha superato i tre miliardi a novembre, contro i due di ottobre.