Sono passati quasi tre mesi dal crollo della fabbrica tessile di Dacca, in Bangladesh, dove sono morte oltre mille persone, e dopo gli appelli, le iniziative e i proclami dei brand di tutti il mondo, un segnale è arrivato anche dal cuore del Paese colpito dalla tragedia. Il governo ha infatti approvato una nuova legge sul lavoro per proteggere i diritti dei lavoratori. Normativa che, tuttavia, non ha convinto l’associazione Human Rights Watch (Hrw) la quale, commentando l’iniziativa, ha dichiarato che tutto ciò “non è ancora sufficiente”.
Sotto pressione della comunità internazionale e dei Paesi importatori dopo il crollo del 24 aprile, il Parlamento ha varato ieri una serie di emendamenti alla legislazione esistente per adeguarla agli standard internazionali vigenti. Tra le novità introdotte c’è il diritto a creare un sindacato anche senza il permesso dell’azienda, la costituzione di un fondo di previdenza e la liquidazione di fine lavoro. Lo scopo è quello di ridurre lo sfruttamento dei circa 4 milioni di operai, soprattutto donne, che producono in maggior parte per le catene mondiali della moda e che hanno salari minimi di 38 dollari mensili, i più bassi al mondo.
“Il Bangladesh ha disperatamente bisogno di spostare l’attenzione dal disastro del Rana Plaza e sta mostrando che si prende cura dei diritti dei lavoratori”, ha detto Phil Robertson il vicedirettore per l’Asia di Hrw in un comunicato. “Questa – ha aggiunto Robertson – sarebbe una buona notizia se la nuova legge adottasse completamente gli standard internazionali. Ma la triste realtà è che il governo ha invece espressamente limitato alcuni loro diritti esponendoli a continui rischi e sfruttamento da parte delle imprese”.