Tremaine Emory lascia Supreme accusando il brand di “systematic racism”. Il marchio americano ha confermato l’addio dello stilista nominato direttore creativo appena 18 mesi fa. Le motivazioni vengono riportate da Business of Fashion che ha avuto modo di vedere la lettera di dimissioni scritta dal designer.
Ieri a diffondere la notizia dell’allontanamento di Emory dal marchio era stata la testata streetwear Complex, ripresa prontamente da altri siti specializzati e account social allarmando i tanti fan del designer e del marchio in orbita Vf. Corp. Emory è stato il primo a ricoprire il ruolo di direttore creativo per il brand fondato nel 1994 da James Jebbia.
All’inizio dell’anno lo stilista ha parlato apertamente del suo periodo di ricovero in ospedale a causa di un aneurisma. Le cause del suo addio, come si era inizialmente ipotizzano, non sono però legate a queste vicende personali ma all’incapacità da parte del management, spiega lo stilista, di confrontarsi con lui sulla cancellazione di una collezione prevista da tempo con l’artista black Arthur Jada. “Ciò mi ha provocato molta angoscia insieme alla convinzione che un razzismo sistemico sia in gioco all’interno della struttura di Supreme”, ha scritto Emory.
“Prendiamo queste preoccupazioni seriamente – ha replicato Supreme in una nota – ma dissentiamo fortemente con la caratterizzazione della nostra azienda fatta da Tremaine e la gestione del progetto con Arthur Jafa che non è stato cancellato. È la prima volta in trent’anni che l’azienda si affida a un direttore creativo, siamo delusi dal fatto che non abbia funzionato con Tremaine e gli auguriamo il meglio per il futuro”.
Emory ha finora realizzato due collezioni per il marchio, la primavera/estate 2023 e l’autunno/inverno 2023-24, riscuotendo un buon successo di critica. Il suo lavoro è da sempre vicino alla valorizzazione dell’inclusività, parallelamente lo stilista porta avanti numerosi progetti personali con marchi del lusso; sua la capsule ‘Dior Tears’ nata dalla partnership tra il proprio brand Denim Tears e Dior. Emory è anche fondatore e co-direttore creativo di No Vacancy Inn, agenzia che unisce musica, moda e vita notturna che ha contribuito a stabilire la sua reputazione di poliedrico provocatore culturale e attraverso il quale ha lanciato pochi mesi fa una capsule in collaborazione con Marni. Nel suo background non mancano poi contatti con big name del calibro di Virgil Abloh, Ye e Levi’s.
Dal canto suo Supreme trae il proprio nome dall’album del compositore nero John Coltrane ‘A love supreme’. Il marchio ha realizzato diversi capi dedicati all’attivista politico Malcom X e al collettivo hardcore hip hop Wu-Tang Clan, venendo anche accusato di voler capitalizzare sulla comunità black.
Supreme è stato acquisito da Vf Corp. nel 2020 con un accordo, secondo quanto riportava Bloomberg, di 2,1 miliardi di dollari (circa 1,8 miliardi di euro), cifra che inquadra la più grande acquisizione del gruppo americano dopo quella di Timberland nel 2011 (allora erano stati spesi 2,3 miliardi).
Supreme ha chiuso lo scorso full year con una flessione del 2% sulle vendite e un fatturato (per l’anno conclusosi a marzo 2023) di 523,1 milioni di dollari, in calo rispetto ai 561,5 milioni di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente (da circa 519 milioni di euro a circa 484 milioni). In negativo anche la redditività, dove l’utile netto è sceso a 64,8 milioni di dollari rispetto agli 82,4 milioni dell’anno precedente.
Un risultato molto al di sotto delle aspettative per il gigante dello streetwear newyorkese, le cui stime per il 2022, secondo quanto previsto dalla casa madre, puntavano a un giro di affari di 600 milioni di dollari. Un obiettivo che seguiva a sua volta le previsioni post acquisizione: quando il brand è entrato a far parte del gruppo americano (proprietario, tra gli altri di, The North Face, Timberland e Vans), si stimava un’opportunità globale da 1 miliardo di dollari nel medio periodo, legata soprattutto alle vendite all’estero e direct-to-consumer.