Finita la stagione dei saloni e delle sfilate, si conferma che il 2002 sarà un anno da dimenticare per il tessile italiano, che non riesce a intravedere l'uscita dalla crisi. Per la lana, negli ultimi dieci anni «il mercato è stato confuso dallo stock pile», ha spiegato Alberto Pecci del Lanificio Pecci di Prato, «che ha distorto in basso i valori: l'offerta era maggiore della produzione». Ora «la torta si è ristretta e bisogna darsi da fare, ma non si raggiungeranno i volumi del passato».
«Non si possono azzardare previsioni in un momento di estrema tensione che condiziona ogni attività economica ed è legata alla mancanza di fiducia da parte dei consumatori», osserva Moritz Mantero, a capo dell'omonimo gruppo serico comasco.
«Spazio ne esiste ancora, ma bisogna saper interpretare lo spirito di filiera e fare massa critica fra i distretti tessili», ha confermato Giulio Balossi Restelli di E. Boselli & c.. «La richiesta si restringe», ha aggiunto dal Veneto Carlo Pianca di Policarpo, «e bisogna essere attrezzati per superare questo momento: cala la richiesta di formale e di qualità e non sappiamo se riprenderà».
«I problemi esistono in ogni fase della filiera», ha ribadito Carlo Piacenza del Lanificio Fratelli Piacenza, «e una selezione è scontata: bisogna puntare sulla qualità e sui prodotti innovativi: per i classici basici, infatti, la concorrenza dei paesi a basso costo di manodopera è fortissima». La conferma viene da aziende come Reggiani, leader nei tessuti elasticizzati, che prevede di chiudere il 2002 come lo scorso anno (un risultato notevole: il 2001 aveva segnato un aumento di fatturato del 35%) e che sta investendo in un nuovo stabilimento.