Nell’arco dei prossimi 3 anni, in assenza di interventi a sostegno della filiera, il comparto tessile-moda potrebbe arrivare a perdere 70mila posti di lavoro (-17,8%), dovrebbe far fronte a un calo di 9 miliardi di euro di fatturato (rispetto a quello del 2019) e rischierebbe la chiusura di circa 6.500 imprese (il 15%). Sono i dati che emergono da un’analisi econometrica realizzata dall’Università Carlo Cattaneo – LIUC per Smi- Sistema Moda Italia sull’andamento del settore. Un vero e proprio tsunami economico e sociale, lo definisce Sistema Moda Italia che si è attivata per portare in sede governativa un dossier elaborato insieme all’università che delinea lo stato reale della crisi e una serie di soluzioni attuabili concretamente per un intervento strutturale che permetta non solo al settore di riprendersi, ma anche di crescere ed essere un punto di riferimento dell’assetto economico e sociale dei prossimi anni.
Secondo l’analisi, presentata oggi in conferenza stampa, nel caso in cui non siano previste misure a sostegno della moda, al calo di fatturato del 2020 pari al 23,7%, seguirebbero in linea teorica le contrazioni del 25,8% previste nel 2021, del 21,2% del 2022 per “migliorare” a quota -15,9% nel 2023. Ovviamente, in forte calo anche i dati relativi all’export: dal -17,6% nel 2020 al -9,4 nel 2023, e quelli occupazionali, che delineano un quadro ancora più critico:-14,2% nel 2021, -17,9% nel 2022 e -17,8% nel 2023.
Di fronte a questo scenario, il dossier che Smi presenterà al Governo prevede una strategia con investimenti complessivi per circa 8 miliardi di euro che prevedano misure per interventi di emergenza, interventi strategici di medio periodo e interventi strategici di lungo periodo. Nel dettaglio, il primo pacchetto di interventi, pari a 2 miliardi di euro, prevede il prolungamento della cassa Covid, strumenti a supporto dei piani di ristrutturazione e il riconoscimento, alle Pmi della filiera che hanno subito un pesante calo, di un contributo a fondo perduto proporzionale alla perdita d’esercizio. Il secondo pacchetto, quello più corposo da 4 miliardi di euro, riguarda interventi che dovrebbero essere messi a punto in un orizzonte di tempo piuttosto vicino (dai 36 ai 48 mesi). All’interno di questo secondo slot di misure, rientrano contributi alla sostenibilità dell’industria (2 miliardi), sostegno all’innovazione creativa con il potenziamento del credito d’importa per il R&S su design e ideazione estetica, e sostegno per la realizzazione dei campionari delle collezioni (300 milioni), politiche di sostegno al design e allo sviluppo di una nuova occupazione con strumenti per incentivare il reshoring delle produzioni e riduzioni per i lavoratori neoassunti (200 milioni), alleggerimento bolletta energetica (200 milioni, una misura storica perché già richiesta diversi anni fa) e misure di stimolo all’innovazione tecnologica (1,2 miliardi) con misure anche a sostegno della virtualizzazione delle fiere. Il terzo pacchetto, da due miliardi, fa riferimento a interventi tra 3 e 5 anni, e prevede interventi con una prospettiva più ampia studiati nell’ambito della circolarità, digitalizzazione e recupero competitività.
Secondo lo studio Liuc, già prendendo in considerazione il secondo pacchetto, quello più corposo, nel breve termine le imprese del settore tessile-moda potrebbero iniziare a risalire la china. Dall’analisi, infatti, emerge come il fatturato, la produzione, le esportazioni e i consumi finali a 36 mesi dovrebbero recuperare le perdite subite dopo il 2019 a causa dell’effetto covid e l’export dovrebbe aumentare del 15,6 per cento.
Anche il Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana Carlo Capasa ha sottolineato in una nota la necessità di interventi per il settore: “La Moda italiana è uno dei settori più colpiti dalla pandemia, il fatturato è calato del 26% scendendo a circa 75 miliardi. Ha bisogno di interventi immediati che non rappresentano un costo ma un investimento per mantenere il ruolo di volano dell’economia e dell’immagine dell’Italia nel mondo”.