Il ritorno del Dragone spinge le performance delle aziende quotate del lusso, protagoniste degli exploit più evidenti del primo trimestre del 2018. Moncler, Brunello Cucinelli e Aeffe in Italia, Lvmh e Kering in Europa, e Tiffany negli Usa sono infatti alcune delle ‘stelle’ dell’avvio dell’anno in corso, con un denominatore comune: il balzo dell’Asia-Pacific e, nel suo perimetro, della Cina continentale e di Hong Kong. Rallenta invece il fast fashion di Inditex e H&M, penalizzato dall’euro forte, ma anche dalla necessità di rivedere un sistema distributivo ancora troppo poco integrato all’online.
L’ASIA TRAINA LE VENDITE
Guardando alle aziende italiane, la performance record è quella di Moncler, che ha archiviato i primi tre mesi del 2018 con ricavi per 332 milioni di euro (+20% a tassi di cambio correnti e +28% a cambi costanti), battendo le stime del consensus Thomson Reuters, ferme a 315,5 milioni. Il gruppo guidato da Remo Ruffini ha evidenziato la crescita di Asia e Resto del Mondo, dove il fatturato è balzato del 27%, grazie soprattutto a Cina e Hong Kong. Brinda alla nuova spinta del Gigante Asiatico anche Brunello Cucinelli, che nei primi tre mesi del 2018 ha registrato ricavi per 148,3 milioni di euro, segnando un +9,1% a cambi correnti (+12,2% a cambi costanti). Nel +10,2% riportato dai mercati internazionali, la Greater China si distacca con una progressione del 31,2%, contro il +2,2% del Nord America e il +14,9% dell’Europa. Nel primo quarter dell’anno il gruppo Aeffe ha registrato ricavi per 95,2 milioni di euro, in crescita 19,7% a cambi correnti rispetto allo stesso periodo l’anno scorso. A livello geografico, l’Italia ha segnato un +18,2%, mentre il calo degli Stati Uniti (-16,8%) fa da contraltare all’exploit (+45,1%) del Resto del Mondo, con la sola Cina a +68 per cento. L’Ex Celeste Impero ha avuto un ruolo chiave anche nel caso di performance negative: si pensi a Luxottica che ha attribuito la flessione delle vendite (-0,8% a cambi costanti, -10,7% a cambi correnti) in primis alla razionalizzazione del business wholesale in Cina. La ripresa del mercato del lusso è un dato di fatto anche a Hong Kong, mercato non sempre scorporato dalle griffe quotate, ma che beneficia di una seconda ondata di aperture retail, soprattutto in chiave pop-up. Secondo i dati più recenti, nel primo trimestre del 2018 il mercato del retail nell’area è cresciuto del 14,3%, anche se i tempi del boom del 2012 sono ancora lontani. Il retail pesa per il 4,1% sul Pil locale, e le vendite del lusso hanno rappresentato un forte traino, anche grazie a un cambio conveniente.
EXPLOIT DEL LUSSO E STALLO DEL FAST FASHION
A livello europeo si delinea, inoltre, uno scenario di contrapposizione tra i poli del lusso e il fast fashion. Se da un lato infatti i due colossi parigini Lvmh e Kering non fermano la loro corsa, per Inditex e H&M, numero uno e numero due della moda low cost mondiale, è tempo di revisione delle strategie, dopo risultati sotto le attese. Lvmh ha chiuso i primi tre mesi del 2018 con un giro d’affari di 10,85 miliardi di euro, in aumento del 10% (+13% senza contare il caro-euro e il cambiamento della struttura del gruppo). Ancor più netto il balzo di Kering che ha messo a segno un +27,1% a 3,1 miliardi di euro. A livello di brand, motore della crescita del gruppo del lusso è senz’altro Gucci, protagonista di una performance ‘spettacolare’, che ha visto nel quarter vendite in crescita del 37,9% (+47,8% su base comparabile) a 1,8 miliardi di euro. Il gruppo guidato da François-Henri Pinault ha evidenziato un incremento double digit in tutte le aree geografiche, in primis Nord America (+54,3%) e Asia Pacific (+42,2 per cento). Per contro, il fast fashion fa i conti con la raggiunta saturazione dell’esposizione brick and mortar e con la necessità di portare il canale online a una maggiore incidenza sulle vendite. Nel primo quarter dell’anno, Inditex è scesa ai livelli di redditività più bassi degli ultimi dieci anni, complice anche l’apprezzamento dell’euro, a fronte di ricavi in aumento del 9% a 5,7 miliardi. Il colosso svedese del fast fashion H&M ha registrato nel primo trimestre 2018 (periodo dicembre-febbraio) vendite sotto le aspettative passando dai 47 miliardi di corone svedesi (4,65 miliardi di euro) dello stesso periodo dello scorso anno a 46,3 miliardi. Già nel trimestre precedente (settembre-novembre 2017), le vendite in valuta locale si erano improvvisamente ridimensionate per la prima volta in decenni, principalmente a causa di una flessione di consumatori in store.
LA SPINTA DEL DOLLARO
A sostenere la performance delle quotate americane, dove domina il segno più, è il cambio favorevole, traino del +28,1% registrato dal gruppo Movado, del +21,8 di Vf Corporation e del +16,4% di Pvh. Sopra le stime il primo quarter di Tiffany & Co, che ha registrati ricavi globali in crescita del 15% a 1 miliardo di dollari, meglio dei 959,4 milioni attesi da Wall Street. Segno più per tutte le aree geografiche con Giappone a +17%, Europa a +13%, Americhe a +9% e, anche qui, Asia-Pacific a +28 per cento.