Nonostante la crisi dei consumi, Adriano e Giancarlo Chimento, artigiani-industriali dell'oro e del gioiello, vantano tassi di crescita a due cifre. Con un piccolo particolare: ognuno fa per sè. Separati in casa, come si suol dire. Adriano è titolare della Chimento Gioielli, azienda del distretto vicentino che, da laboratorio artigianale nato negli anni
60 per produrre bracciali da orologio, si è trasformata in un'azienda da 51 milioni di euro, con vetrine anche a New York. Un'impennata che ha fatto bene al portafogli ma non ai rapporti familiari: «Io avevo progetti di quotazione», spiega Giancarlo Chimento, «ma Adriano non condivideva l'idea di andare in borsa, nè quella di inserire dei manager in azienda. Cosi, essendo socio di minoranza, tre anni fa ho scelto di andarmene».
Dalla separazione nasce la Italian luxury industries, holding del lusso gestita da Giancarlo e dalla moglie Gabriella che, fa concorrenza all'azienda di famiglia: prima crea il marchio di gioielleria femminile, Koèsia, poi nel 2001 acquisisce Barakà, facendola crescere nel giro di un anno del 18 per cento, con il progetto di raddoppiare il fatturato da 5 a 10 milioni di euro. Infine, nel 2001 l'acquisizione dalla Royal Scandinavia di Venini. Dal milione di euro fatturato nel 1999 il gruppo passa ai 35 milioni previsti per il 2002. In più, guadagna un socio d'eccezione: Giuliano Tabacchi, fratello di Vittorio (presidente della Safilo).
«Ci siamo subito trovati, abbiamo la stessa visione del business: ora stiamo valutando una linea di gioielli in oro e vetro a altre acquisizioni, sempre nel settore del lusso», conferma Giancarlo Chimento, che non abbandona i propositi di affacciarsi al mercato azionario. « Se tutto va bene, prevedo di quotare il gruppo entro cinque anni».