Giornalisti colpiti dalla miriade di iniziative a corredo delle sfilate P/E 2018. Apprezzano lo sforzo per un pubblico diverso. Ma non sono ‘eventi business’.
Milano fashion week e in più le fiere? Non ce la posso fare a fare tutto!”. Il parere di Saori Masuda, fashion market director di Vogue Japan, sembra riassumere perfettamente il parere di alcuni esponenti della stampa internazionale, intervistati da Pambianco Magazine sulla propria esperienza nell’ultima edizione della settimana della moda. C’è la percezione di un aumento del numero di eventi e appuntamenti in concomitanza con défilé e presentazioni. Milano XL, la prima edizione dei Green Carpet Fashion Awards, il Fashion Film Festival, Micam e Mipel sono solo alcune delle manifestazioni che si sono affiancate alle passerelle. Ma si tratta di momenti che possono aver raccolto l’interesse di fashionisti, cittadini e turisti, tuttavia poco vissute dagli operatori business, a cominciare dai giornalisti.
FASHION PER TUTTI
Tim Blanks, editor-at-large di Business of Fashion riflette sulla molteplice tipologia di pubblico che una fashion week punta a coinvolgere, oltre agli addetti ai lavori: “La moda – spiega a Pambianco Magazine – ha il suo universo, ci sono cerchi diversi e una miriade di cose, di persone che lo abitano. Quando ho iniziato a lavorare nella moda, 35 anni fa, questo ambiente era piccolo, un élite, ora è diventato un intrattenimento di massa e tutti sono affascinati da ogni singolo dettaglio, così ogni evento rispecchia questo fenomeno. Tutte queste manifestazioni non esisterebbero se non ci fossero persone interessate”. Quindi, ce n’è per tutti, anche se dal punto di vista giornalistico la priorità restano le sfilate, le presentazioni, gli eventi organizzati dai top brand. Il resto è per il pubblico extra-settore, intrigato da istallazioni e celebrity sul tappeto rosso a cui chiedere un selfie prima della serata di gala. Insomma, la fashion week offre “cose diverse per persone diverse – riassume Anders Christian Madsen, fashion critic di Vogue Uk – che coprono impieghi diversi, c’è chi segue le sfilate e chi va alle fiere, c’è spazio per tutti”.
MILANO CAPUT BUSINESS
La stampa internazionale, per giunta, resta convinta del ruolo di Milano come capitale del business, meno propulsiva nel dare risalto ai nuovi talenti: “È una città in cui dominano i grandi nomi, mentre i giovani talenti emergono meno velocemente di quanto accada a New York o Londra, anche se la situazione sta lentamente cambiando”, riflette Nicole Phelps, direttrice di Vogue Runway, che, evidentemente, non ha avuto modo di visitare l’Unicredit Pavilion di Piazza Gae Aulenti che ha ospitato la quinta edizione del Fashion Hub Market dedicata a quattordici marchi emergenti di prêt-à-porter e accessori. “Milano – aggiunge Masuda – è il centro della moda. Sembra sia Parigi, ma è sempre stato anche Milano, perché il mercato qui è più aperto, non è solo creativo ma anche commerciale, e ce n’è bisogno”.
GREEN TIME?
Agli impegni tradizionali si è aggiunta la serata di gala dei Green Carpet Fashion Awards, etichettata da alcuni come Oscar della moda sostenibile, un evento nell’evento organizzato da Cnmi che ha visto la partecipazione di numerose personalità del settore. Anche qui, la sensazione è che gli operatori abbiano percepito l’evento da lontano, come un meccanismo valido per ‘bucare il video’, direbbero in televisione. Non a caso, la citazione dei giornalisti viene riservata a Livia Firth, alla quale sono andati i complimenti per aver organizzato la serata, senza menzioni per gli sforzi di sostenibilità della filiera italiana, messi in campo con rigore tecnico-scientifico da imprese e associazioni di categoria. “Ogni qual volta la moda si sofferma su green e prodotti eco-friendly – è il commento di Phelps – è assolutamente positivo perché, come sappiamo, la moda non è affatto green, la produzione è dannosa per l’ambiente”. Insomma, il risultato è stato, sì, quello di accendere i riflettori della Scala. Ma anche quello di confermare negli operatori l’idea di una moda “niente affatto green”.
di Gianni Salerno