Per il 2022 Puma stima una crescita delle vendite di almeno il 10 per cento. Lo ha dichiarato il gruppo tedesco dello sportswear in una nota dove evidenzia, però, che le criticità dell’attuale scenario economico e le incertezze legate alla situazione sanitaria, però, potrebbero impattare sull’aumento degli utili.
I profitto attesi per il 2022 comunque, ha dichiarato Puma, dovrebbero attestarsi tra 600 e 700 milioni di euro, contro i 557 del 2021 ma inferiori ai 692 milioni previsti dagli analisti. L’impennata dei costi di logistica e materie prime verosimilmente peseranno sulla redditività impedendo un rimbalzo maggiore.
“Il Covid-19 sta purtroppo ancora influenzando negativamente la nostra catena di approvvigionamento, le pressioni inflazionistiche stanno avendo un impatto negativo sui nostri costi e margini operativi e la situazione geopolitica rimane molto tesa – ha spiegato l’amministratore delegato Bjorn Gulden in una nota – ma rimango molto ottimista per il futuro sia del nostro settore in generale che di Puma in particolare”.
Ottimismo incoraggiato anche dalla performance dell’ultimo trimestre, chiuso dal marchio sportivo a +14% e un fatturato da 1,7 miliardi di euro che ha superato le stime degli analisti. Nel 2021 il balzo del fatturato è stato del 32% oltre i 6,8 miliardi, con un risultato operativo più che raddoppiato da 209 a 557 milioni.
Analogamente ad altri marchi europei e statunitensi, anche Puma sta riscontrando delle difficoltà sul mercato cinese in seguito alla vicenda dello Xinjiang. Anche il colosso tedesco si era schierato tra i marchi che avevano denunciato le sfruttamento nei confronti della popolazione degli uiguri, rinunciando al cotone proveniente dalla regione cinese ed entrando così nella lista nera della Repubblica Popolare.
Puma ha dichiarato che le vendite del quarto trimestre sono diminuite del 5,4% nell’Asia-Pacific, trascinate al ribasso dalla Grande Cina proprio a causa delle tensioni geopolitiche, nonché delle restrizioni anti-Covid. Una flessione che anche la competitor Nike aveva lamentato a dicembre, a fronte di un calo pari al 20% nell’area nonostante un trimestre chiuso in positivo.