Si sta per chiudere un anno di sorprese positive che lascia spazio, nonostante i timori evidenziati da alcuni sondaggi, ad un 2020 col segno più per il made in Italy. Il 2019 era partito a tinte fosche, con previsioni per nulla rassicuranti sul fronte della crescita della moda italiana, principalmente a causa di una situazione internazionale che, si pensava, avrebbe colpito in maniera pesante le esportazioni. A pesare sull’ottimismo erano il rallentamento della Cina, aggravato nei mesi dai contrasti doganali con gli Stati Uniti. Restava aperta, in Europa, la questione Brexit. Senza contare i fenomeni di rivolta sociale, come i gilet gialli di Parigi e, soprattutto, il movimento “degli ombrelli” di Hong Kong.
Alcune di queste variabili sono già state scontate dal mercato. Altre, come il braccio di ferro sino-americano, hanno mostrato segnali di distensione. Restano aperta la questione delle tensioni sociali, ma anche queste sembrano ormai normalizzate, ossia riconducibili a un mondo oramai ad alta entropia. La fiducia del made in Italy verso il 2020 poggia su alcuni dati concreti. In primo luogo, i numeri dell’export che, nel primo semestre di quest’anno, ha sorpreso tutti con una crescita pari a 4 volte le previsioni. Ma c’è anche un dinamismo sorprendente del modello distributivo, che si sposta velocemente verso i nuovi canali del web e dei social. E un sistema di negozi e outlet che, in base alle rilevazioni tax free, attende un progresso tra il 2 e il 5% il prossimo anno, a seconda delle aree di provenienza dei clienti.
C’è poi un aspetto meno tangibile, ma probabilmente anche più potente, che consente di alimentare la fiducia verso il sistema italiano. Come emerso dal Summit Pambianco-Deutsche Bank, la variabile ‘sostenibilità’, intesa non soltanto in termini ambientali, si sta rivelando un driver che riguarda tutti i segmenti e l’intera filiera del prodotto. Su questo fronte, il made in Italy sta tornando a valorizzare le proprie caratteristiche uniche a livello globale, come l’artigianalità, la tradizione e il legame col territorio. Fattori che, in epoca di storytelling sostenibile, faranno certamente la differenza.