La solidità finanziaria di Otb ha permesso al gruppo fondato da Renzo Rosso di intervenire a sostegno della filiera e dei clienti. A entrare nel merito del progetto Cash è Ubaldo Minelli, CEO del gruppo che oggi ingloba Diesel, Marni, Maison Margiela, Viktor & Rolf, Staff International e Brave Kid, nonché una quota di Amiri. La pandemia è arrivata dopo un 2019 molto positivo, accelerando il processo di trasformazione digitale.
Quale è oggi la struttura del gruppo Otb?
In molti in Italia hanno provato a costruire un gruppo moda di alta gamma. Renzo Rosso ci è riuscito. Otb parte ovviamente da Diesel, che è il marchio che ancora oggi viene identificato con il signor Rosso. Oggi però oltre a Diesel ci sono altri brand: Maison Margiela, Marni, Viktor & Rolf. La partecipazione più recente, ma in questo caso non di controllo, è Amiri. Poi ci sono le aziende Staff International e Brave Kid che danno un servizio ai brand del gruppo in termini di progettazione, sviluppo collezioni, produzione e logistica e gestiscono anche i marchi in licenza, con un servizio di distribuzione worldwide su tutti i canali.
Quale è stato il vostro andamento nel 2019?
In fase pre-Covid eravamo oltre il miliardo e mezzo di ricavi, posizionandoci tra le prime realtà italiane del settore moda e lusso.
Come avete gestito, da realtà così complessa, l’emergenza della prima fase di chiusure?
Venivamo da un 2019 di cui eravamo particolarmente soddisfatti. È stato l’anno del turnaround di Diesel, anno in cui siamo cresciuti con tutti i brand, in tutti i mercati e in tutti i canali. Anche i primi due mesi del 2020 sono stati molto positivi. Il 2020 era il secondo anno del piano triennale approvato dalla proprietà e dal board con obiettivi ambiziosi: crescita a doppia cifra del fatturato e progressione significativa anche a livello di ebit ed ebitda. Poi è arrivata la pandemia. Siamo stati molto reattivi nel capire la portata e l’impatto dell’emergenza sanitaria.
Con quali iniziative?
Per gestire il lockdown e le sue conseguenze abbiamo creato un team di lavoro apposito, una war room che ha assunto la responsabilità di definire azioni strategiche di breve periodo, ovvero la sola gestione dell’emergenza, e azioni di medio-lungo periodo, lavorando sugli asset principali del nostro gruppo. Da un lato clienti, fornitori, dipendenti e poi, in una fase senza precedenti come la pandemia, la gestione del conto economico e della cassa. Il secondo ambito su cui è al lavoro la war room sono i cambiamenti strutturali. La crisi, di cui – sia chiaro – avremmo fatto tutti volentieri a meno, ha fatto da acceleratore al cambiamento. Abbiamo potenziato i servizi legati all’e-commerce, il nostro virtual showroom e, in generale, il processo di digitalizzazione dell’azienda. Abbiamo lavorato su temi organizzativi e su tutto quello che riguarda la supply chain.
Come avete supportato la filiera?
Nel 2013, in tempi non sospetti, abbiamo lanciato il progetto ‘Cash’ per sostenere la filiera produttiva e il made in Italy. A farsene promotrice è stata soprattutto Staff International, perché oltre il 90% delle sue produzioni sono made in Italy e una filiera in salute è una condizione necessaria per operare al meglio. In sei anni abbiamo erogato oltre 250 milioni di euro. Solo negli ultimi mesi abbiamo erogato tra i 70 e gli 80 milioni di euro. Al tempo, quindi nel 2013, abbiamo chiesto e ottenuto una linea di credito, garantita da noi e di cui ci siamo inibiti l’utilizzo, mettendola a disposizione dei nostri partner della filiera produttiva, o meglio di quelli virtuosi. Questi ultimi sono infatti stati valutati da parametri chiari e oggettivi.
Una linea di credito garantita dal gruppo vuol dire prestiti erogati alle condizioni del gruppo?
Esatto. Con i nostri clienti abbiamo avuto un approccio molto trasparente. Durante il lockdown le aziende dovevano ancora saldare le spedizioni della primavera/estate 2020, anche perché molti clienti non avevano ancora chiuso la stagione dei saldi dell’autunno/inverno 2019. Avevamo inoltre raccolto gli ordini dell’autunno/inverno 2020 e avviato la produzione, ordinando le materie prime. Entro qualche mese si sarebbe infine posto anche il problema delle collezioni per la primavera/estate 2021. Questo fa capire che sono state diverse le collezioni impattate dal Covid-19. Abbiamo invitato i clienti a non farsi prendere dal panico e gli abbiamo fatto da banca e da magazzino. La decisione è stata presa in piena consapevolezza che questo avrebbe avuto un impatto sulla posizione finanziaria del gruppo e, ovviamente, è stata presa in pieno accordo con l’imprenditore.
Quale è la posizione finanziaria di Otb?
Il gruppo è patrimonialmente e finanziariamente molto solido. È un gruppo che non ha debiti, che non ne ha mai avuti. Siamo entrati in lockdown con una posizione netta positiva di 130 milioni di euro. L’impegno a fare da banca e magazzino ai clienti ha fatto sì che a fine maggio la posizione finanziaria si fosse assottigliata a 25 milioni. La trasparenza e il sostegno ai clienti sono stati però premiati. Noi oggi abbiamo una posizione finanziaria netta che è tornata oltre i 100 milioni di euro. Inoltre, non abbiamo avuto un annullamento di ordini maggiore rispetto al 2019. Anche i livelli di inventario sono in linea con gli anni precedenti.
Sono stati apportati dei cambiamenti alle collezioni?
Abbiamo rivisto, insieme alle diverse maison, la struttura delle collezioni, le tempistiche di uscita, di consegna e di vendita, anche perché abbiamo dirottato le vendite sul nostro virtual showroom. Quest’ultimo è un progetto che esisteva già ma che sicuramente la pandemia ha accelerato.