Il 2021 si è rivelato un anno record per gli investimenti in retail nel suo complesso da parte del private equity e venture capital, segnando il risultato maggiore degli ultimi sette anni sia in termini di numero di operazioni, sia sul fronte dell’ammontare investito. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, sono state messe a segno 45 nuove operazioni (+36% vs 2019), pari a un ammontare investito di 557 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2022, su 81 nuovi investimenti da parte dei fondi, 5 sono nel retail. È la fotografia scattata da Confimprese nel corso dell’appuntamento “4° Retail & Finanza. La trasformazione digitale e gli impatti sugli investimenti nel retail” che si è tenuto ieri a Palazzo Mezzanotte a Milano.
Gli investimenti nel retail sono quindi tornati a galoppare dopo due anni di pandemia che hanno, invece, visto crollare il numero di operazioni di private equity e venture capital nel settore, passando dai 33 deal del 2019 (per 356 milioni di ammontare investito) ai 19 del 2020 (-42% per 95 milioni di ammontare investito). Dal 2015 al 2021, spiega la ricerca, sono 165 i deal realizzati nel retail con un ammontare investito di 1.668 miliardi di euro su un totale mercato di 2.829 investimenti e 56 miliardi di investimenti (dati Aifi-Pwc). “Sono dati – spiega il comunicato dell’evento – che inducono gli investitori a considerare le imprese retail come potenziali target di investimento, a cui è necessario fornire capitali e competenze utili a sostenerne lo sviluppo di multicanalità o di servizi da integrare alla proposta tradizionale, per cogliere le potenzialità che possono esprimere e sfruttare l’attuale rallentamento dei player dell’online, che deve comunque essere interpretato come una leva di business e non come una minaccia”.
“L’asset vincente che può orientare il private equity verso operazioni nel retail – spiega Mario Resca, presidente Confimprese – è la capacità dei retailer di abbinare lo sviluppo della rete fisica alla proposta di e-commerce con strategie in grado di integrare servizi alla semplice rivendita di prodotti”. Tra i limiti del connubio tra retail e private equity, secondo quanto emerso nel corso della conferenza, ci sarebbero le dimensioni dei fondi italiani, che peraltro tendono ad investire solo in Italia. Secondo quanto emerso nel corso dell’appuntamento, nel 2021 la Francia, che guida la top dei best perfomer, ha investito 27 miliardi di euro (+53%) contro i 12,6 della Germania (-16%), i 7,5% della Spagna (+19%) e i 7 dell’Italia (+33% – dati Aifi).
I fondi domestici, sottolinea il comunicato, devono dunque cambiare marcia e ambire a operazioni di livello internazionale. Per farlo devono svincolarsi dalla durata dell’investimento e puntare non solo su un progetto a medio/lungo termine che tenga conto delle variabili economiche e finanziarie del Paese dove si investe, ma anche su team polifunzionali in grado di vestire i panni dell’investitore e del manager.
“È una sfida, che potrebbe permettere il salto di qualità sia della finanza italiana per superare le ciclicità dei singoli mercati, sia del retail italiano per crescere sullo scacchiere internazionale e portare alta la bandiera del made in Italy che tutto il mondo ci invidia”, conclude Resca.