A Valeggio c'è uno stabilimento da 6.000 metri quadrati e si sta per terminarne uno simile; la produzione è decentrata, la maggior parte in Italia, ma ci sono anche due fabbriche in Romania. Sessanta i dipendenti diretti, 500 gli occupati con l'indotto. Chi compra i mobili di Michela Barona è giovane (il 65% ha meno di 35 anni), vive soprattutto al centro-sud, ha un´idea della vita molto tradizionale e pensa che la casa arredata per il matrimonio debba essere qualcosa che dura per tutta la vita.
Michela ha cominciato a 17 anni, aveva già anche un figlio, insieme al marito ha provato a inventarsi un lavoro. All'inizio il turismo; poi un catering che significava preparare in casa panini e piatti e andare a venderli ai bar con la sua Dyane azzurra. Ma ecco l´idea: commercializzare i mobili prodotti dai tanti mobilieri della zona. «Cercavamo i mobili per la nostra casa, eravamo molto giovani ma ci sentivamo grandi, abbiamo sempre avuto fretta di crescere; volevamo qualcosa che ci desse atmosfera, romanticismo, coccole e carezze. Ma non riuscivamo a trovare il calore che avevamo in mente. Credo che la prima idea di occuparsi di mobili sia nato lì».
Un anno dopo con i soldi dei regali di nozze, con la consulenza di un architetto pagato a royalties, con la manodopera degli artigiani locali, è partita quella che sarebbe diventata Le Fablier. Il primo deposito è il capannone dove il suocero di Michela allevava i polli: lì avvenivano le rifiniture dei prodotti acquistati dai mobilieri, adattati secondo i suggerimenti personali, proposti ai negozianti. Tocchi particolari (una certa lucidatura, le maniglie in tale stile) rendevano quei pezzi riconoscibili. A quel punto serve un marchio: «Volevamo un nome che esprimesse la poesia, sfogliando un vocabolario francese abbiamo trovato le fablier, che vuol dire raccolta di favole, ma soprattutto che ha un suono dolce ed esprime il romanticismo che avevamo in mente».
Elio Zuccotti, marito (ora ex) e socio, segue la parte produttiva; Michela il commerciale. L'idea forte è quella di imporre il marchio, di sottrarre il mobile in stile dall'anonimato. Nessun complesso di inferiorità verso il design che ha tutt´altro mercato e invece grande orgoglio rispetto ai prodotti di legno scadente, senza rifiniture, di poco prezzo.
Estratto da Affari&Finanza del 13/02/06 a cura di Pambianconews