Per Marzotto non è un periodo facile. Da una parte, la riorganizzazione societaria del gruppo che fa capo alla famiglia, attraverso l'offerta di acquisto e di scambio lanciata da Zignago su Marzotto, il cui iter è più tormentato del previsto. Dall'altra, la ristrutturazione del comparto tessile, il cuore storico del gruppo veneto, che da tempo vive una crisi molto grave che oggi non è più possibile non affrontare.
D'altra parte, si sa che Pietro Marzotto è sempre stato contrario a chiudere le fabbriche. Tanto che anche l'ex amministratore delegato Silvano Storer aveva dovuto accettare, tre anni fa, di tagliare i costi delocalizzando le produzioni (il 40% è ormai realizzato oltre confine). Delocalizzazione che sarà ulteriormente spinta, ma che non basterà. Fonti non ufficiali parlano di un taglio di organico di circa 400 persone, sulle 3 mila che operano in Italia, attraverso la chiusura della pettinatura di Mortara (Pavia) e il trasferimento delle sue lavorazioni nello stabilimento ceco di Brno; il possibile ridimensionamento della tessitura di Manerbio (Brescia); la riduzione di una settantina di persone nell'organico della filatura di Valdagno. E, ancora, dello spostamento della produzione di Marlane da Praia a Mare a Biella, dove si produce già Guabello, il marchio più alto di gamma.
Interpellata in proposito, la Marzotto ha dichiarato di volersi attenere a quanto già detto, cioè di non dare altre informazioni su questo. E ai lavoratori di Mortara (circa 200) che sono entrati in agitazione dopo aver letto indiscrezioni che li riguardano, si è limitata a rispondere di non aver mai parlato con gli analisti di quali stabilimenti saranno toccati dal piano di ristrutturazione.