Le esportazioni italiane si sono comportate meglio di quelle di altri Paesi europei, grazie anche alla destinazione di fascia medio-alta di molti prodotti, ad esempio nell'abbigliamento, che hanno tenuto testa sia alla crisi economica sia all'avanzata della Cina e di altre capitali dell'Estremo Oriente: nuove cifre del ministero delle Attività produttive mostrano un incremento dello 0,18% nel corso dei primi undici mesi dell'anno scorso, nonostante la generale debolezza della crescita americana.
Ma per l'Italia, ha detto il vice ministro Adolfo Urso a New York, non è il momento di accontentarsi. Anzi, è scoccata l'ora per compiere un salto di qualità: «Occorre puntare su investimenti, innovazione e internazionalizzazione».
L'abbigliamento, come altri comparti essenziali per l'export italiano, dai gioielli ai macchinari, è reduce da performance relativamente solide in un clima difficile negli Stati Uniti, che accanto alla debolezza economica risente della lotta al terrorismo e dei tamburi di guerra nel Golfo Persico. Nei primi undici mesi dell'anno scorso in Europa l'Irlanda (+18,54%), la Germania (+2,65%) e i Paesi Bassi (+2,47%) hanno registrato crescite dell'export superiori a quella italiana, ma le restanti nazioni, dalla Francia al Regno Unito, hanno sofferto contrazioni. L'Italia ha potuto finora giovarsi di una relativa impermeabilità allo sbarco della nuova generazione di Paesi concorrenti, guidata anzitutto dalla Cina.
La quota italiana sull'import americano è ferma al 2,07% ma potrebbe calare sotto il 2% se continuerà a rimanere inferiore al tasso di crescita dell'import Usa, pari allo 0,38 per cento. In Europa, inoltre, l'Italia sente sul collo il fiato dell'Irlanda, salita all'1,9 per cento. Mentre l'avanzata dei Paesi asiatici non si ferma: la Malaysia sta superando l'Italia nella classifica degli esportatori in Usa con una quota del 2,08 per cento.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 11/02/03 a cura di Pambianconews