La pandemia non ha fermato i grandi nomi del lusso, neanche nel drammatico 2020. A dirlo è lo studio annuale “Global Powers of Luxury Goods”, redatto da Deloitte, che classifica i 100 top player del settore fashion & luxury a livello globale sulle base delle vendite consolidate durante il 2020, l’annus horribilis del Covid.
E l’Italia spicca per la performance delle sue best in class del settore, ben 26 all’interno del raking della società di consulenza. Complessivamente, le prime 100 aziende del lusso hanno generato vendite per 252 miliardi di dollari (circa 222 miliardi di euro), 29 miliardi in meno rispetto al 2019 pre-pandemia (in calo del 12,2% a valuta costante), ma con un profit margin positivo del 5,1 per cento.
In questo scenario brilla ancora di più il made in Italy, primo Paese per numero di presenze di tutta la classifica, con anche quattro new entry: debuttano infatti Golden Goose (86° posto), Morellato (87° posto), Stone Island (88° posto) e Pinko (89°).
Per il quarto anno consecutivo resta invece invariato il podio, anzi il quartetto dei giganti incontrastati del luxury: Lvmh, Kering, Estée Lauder e Richemont. Stabili anche L’Oréal e Chanel, rispettivamente al quinto e al sesto posto, così come ExilorLuxottica che si riconferma in settima posizione. L’italia piazza così la bandiera tricolore anche nella top 10 con il colosso dell’eyewear, che ha totalizzato più della metà delle vendite della categoria accessori durante l’ultimo fiscal year. Gli altri due big nostrani sono invece Prada, al 23° posto, e Giorgio Armani al 29°.
Ma nella top ten, per la gran parte sovrapponibile alla precedente edizione dello studio, spicca un cambiamento sostanziale: Hermès entra per la prima volta nella decina dorata, piazzandosi al nono posto con quella che è la migliore performance in termini di net profit (21,7%). Se la maison francese fa per la prima volta capolino in top 10, un grande ritorno nella classifica targata Deloitte è quello di Damiani, azienda piemontese di gioielleria.
Tra le aziende del Bel Paese sono otto quelle che hanno registrato un utile netto positivo. Oltre a Essilux, emergono Armani, Moncler, Otb e Max Mara. Moncler brilla per le prestazioni finanziarie più costanti, confermandosi per la quarta volta tra le aziende in più rapida crescita, proprio nell’anno del maxi deal che l’ha vista acquisire la società di Carlo Rivetti.
Infine, borse e accessori restano il settore ‘italianissimo ‘ del lusso: il 56% delle aziende è made in Italy.
“In questo periodo di cambiamento e di grande incertezza dovuto alla pandemia, l’appeal delle aziende del settore lusso si è riconfermato”, ha commentato Giovanni Faccioli, Deloitte fashion & luxury leader per l’Italia. “Infatti, pur avendo registrato delle perdite, il comparto è stato capace di re-inventarsi e accelerare un processo di trasformazione considerevole, portando concetti quali sostenibilità, omnicanalità, economia circolare, innovazione, al centro delle proprie strategie di crescita per i prossimi anni. Oggi più che mai le aziende di questo settore sono in grado di essere vicine ai consumatori in termini di servizio, produzione, ascolto e condivisione dei medesimi valori”.