Il childrenswear italiano è alle prese con un riassetto profondo. Dove porta il riposizionamento? In proiezione, sarà necessario fare i conti con una vera globalizzazione.
Le due più recenti scosse sono arrivate da Varese e Bologna, dove due marchi storici del childrenswear, Preca Brummel e Grant, hanno dovuto ufficializzare la necessità di un pesante riassetto aziendale. Ma il terremoto è cominciato prima e coinvolge in modo trasversale l’intero settore della moda made in Italy per i più piccoli. Pesa il rallentamento della domanda da alcuni mercati come la Russia (sempre molto ricettiva nei confronti della moda baby e sulla quale i big del settore hanno concentrato, negli scorsi anni, gran parte dei loro investimenti). E incide l’accelerazione nelle taglie mini delle grandi catene low cost internazionali. Risultato: il childrenswear tricolore sta vivendo, ormai da diverse stagioni, una transizione che, quando non passa per ristrutturazioni o procedure fallimentari, viene caratterizzata da passaggi di mano obbligati. A fare i conti con una crisi di mercato diventata strutturale, si sono trovate perlopiù quelle aziende focalizzate sui propri marchi. Viceversa, lo scenario ha premiato chi ha fatto delle licenze la propria fortuna (vedi il polo terzista dell’area pugliese, in pieno sviluppo, con realtà come Daddato e Marbel). Dalle acque agitate sono rimasti fuori anche i big dell’altissimo di gamma come Monnalisa e Il Gufo e realtà come Miniconf e Naturino che, mantenendo una proprietà rigorosamente familiare e contando sulla potenza dei loro marchi, eslusivamente propri, continuano a spingere l’acceleratore sullo sviluppo retail sbarcando, come nel caso della realtà aretina Monnalisa, addirittura in Borsa.
NUOVI CORSI NEL SEGNO DELLA CONTINUITÀ
È notizia di fine 2018 che Preca Brummel, dopo due anni dalla richiesta di concordato, ha ottenuto l’omologa al concordato con continuità aziendale e la conferma del piano di ristrutturazione e rilancio del quinquennio 2018-22 dagli Organi della procedura. La storica azienda childrenswear di Carnago (Va), guidata da Carola Prevosti e a cui fanno capo i marchi propri Brums, Bimbus e Mek e un network importante di negozi monomarca oltre a una capillare distribuzione wholesale, dopo un periodo turbolento nella primavera del 2017 aveva presentato al Tribunale di Varese la domanda di concordato in bianco con riserva, con l’obiettivo di gettare le basi per una ripartenza in un contesto protetto. Sorte molto simile anche per Grant spa, l’azienda di Bentivoglio (BO) specializzata dal 1975 in abbigliamento bambino di alta gamma che ha fatto storia nelle sfilate di Pitti Bimbo, che un paio di mesi fa ha avanzato richiesta di concordato preventivo con riserva al Tribunale di Bologna “al fine di garantire la continuità aziendale e permettere il piano di rilancio” avviato con l’investitura del nuovo AD Stefano Dal Cin a fine 2017 (era già presidente dell’azienda di famiglia). Il giovane manager aveva recentemente rinnovato l’ufficio stile dell’azienda puntando sui marchi di proprietà come Miss Grant, So Twee, LùLù e Microbe e manifestando la volontà di rafforzare le licenze e il retail diretto e a riproporre una linea bimbo.
ACQUISIZIONI MADE IN ITALY
Ci sono poi realtà, invece, che nel loro positivo percorso di svilippo hanno sentito l’esigenza di una nuova direzione scegliendo di imboccare la strada della vendita. È il caso di Gimel, azienda di Putignano (Bari), passata a fine novembre 2018 sotto il controllo della sociètà di investimento Italglobal Partners che ne ha acquisito il 70% del capitale. L’azienda pugliese, che annovera diverse licenze nel panorama childrenswear di importanti griffe come Versace, Roberto Cavalli, Elisabetta Franchi, Dondup, Berwich e Philosophy di Lorenzo Serafini, sotto la nuova proprietà punta a raddoppiare il proprio business (21 milioni di euro di ricavi nel 2018) in 5 anni e alla quotazione in Borsa (è già parte del programma Elite di Borsa Italiana). Un percorso simile adottato qualche tempo prima anche da Simonetta che nell’estate del 2017 è passata totalmente nelle mani di Isa Seta, società brianzola del gruppo Carisma che ha sottoscritto un aumento di capitale per il rilancio della storica azienda marchigiana specializzata in kidswear, fondata e guidata fino ad allora dalla famiglia Stronati. Il piano di rilancio della nuova Simonetta è focalizzato, oltre allo sviluppo dell’omonico brand, sulla ricerca di nuove licenze nel segmento alto del mercato, sulla crescita organica sostenuta anche del rapporto con Fendi, brand di cui l’azienda è forniture esclusivo per l’abbigliamento bambino, oltre che licenziataria di Emilio Pucci, Lanvin e Aston Martin.
SALVATAGGI CINESI
Facendo poi un ulteriore passo indietro, ormai a qualche anno fa, si ricordano importanti operazioni nel settore childrenswear che hanno segnato il percorso di importanti big del settore come I Pinco Pallino e Gusella. La storica azienda bergamasca di alta moda per bambini fondata negli anni 80 dai coniugi Imelde Bronzieri (oggi in pista con il brand Mimisol) e Stefano Cavalleri (ripartito con il suo marchio QuisQuis), dopo una partecipazione del 30% nel capitale da parte di Investimenti e Sviluppo nel 2007, un aumento di capitale per mano del fondo Opera nel 2010 e l’uscita del duo dall’azienda, ha attraversato un periodo burrascoso terminato con il passaggio de I Pinco Pallino al fondo asiatico Lunar Capital nel 2014 col quale un anno prima aveva già stretto una joint venture per lo sviluppo sul mercato cinese. Oggi parla cinese anche Gusella. Lo storico marchio di scarpine che ha camminato ai piedi di intere generazioni di bambini, tra cui principini e figli della Milano “bene”, è tornato a nuova vita grazie alla spinta di Dragon Crowd Enterprise. Dopo il fallimento dichiarato nel 2011 e la repentina chiusura di tutti i suoi negozi, il brand nato in via Spadari nel 1932 da un’idea di Dino Gusella, ha inaugurato un nuovo capitolo della sua storia sancito proprio dal salvataggio da parte del gruppo di Hong Kong.
I NAUFRAGI
Tra le vittime di crac finanziari del settore childrenswear vanno poi ricordati Spazio Sei Fashion Group e il gruppo Key Art. L’azienda carpigiana, che fine a qualche anno fa era un fiore all’occhiello del comparto dedicato ai più piccoli nonché una delle realtà più importanti del distretto locale, è arrivata al capolinea proprio la scorsa estate. Da tempo Spazio Sei Fashion Group era in crisi, ma il colpo di grazia pare sia arrivato lo scorso gennaio con la fine della collaborazione con Blufin per la produzione e commercializzazione (su licenza) della linea Miss Blumarine (passata alla napoletana Follie’s Group) che incideva per una buona parte sul business dell’azienda. Epilogo simile anche per un’altre realtà carpigiana specializzata in piccole taglie. Il gruppo Keyart, che faceva capo alla famiglia Romitti e a Stefano Olmi (uscito dall’azienda nel 2013) e che vantava, oltre a marchi propri, un portafoglio licenze di marchi sportswear e fashion come La Martina Junior e Denny Rose Young Girl, è stata dichiarata fallita nel 2015 dal Tribunale di Modena.