Nonostante risultino ancora tra i peggiori del comparto “non food”, nel mese di marzo abbigliamento e accessori hanno recuperato nelle vendite al dettaglio. È quanto emerge dai dati registrati dall’Istat, che evidenzia come in generale le vendite retail del mese hanno segnato un un calo dello 0,1% in valore rispetto a febbraio e un aumento dello 0,1% in volume. L’istituto di statistica descrive una variazione mensile “pressoché nulla” e una situazione di “sostanziale stazionarietà”. Il primo trimestre termina così con una debole salita dello 0,2% in valore e una flessione dello 0,3% in volume rispetto al trimestre precedente. Rispetto a marzo 2020 i beni non alimentari hanno messo a segno un +49,7% in valore, a fronte del +3,7% degli alimentari. Dal confronto con febbraio 2021, l’Istat rileva una crescita per il food (+1,9% in valore) e una flessione per il non food (-1,6% in valore). Le migliori performance sono messe a segno dal segmento calzature, articoli da cuoio e da viaggio con un +94,2% e dall’abbigliamento e pellicceria (+94%), seguiti da mobili ed elettrodomestici.
“La stasi congiunturale di marzo è derivata in larga parte dalle limitazioni imposte per lo svolgimento di molte attività che operano nel non alimentare”, ha commentato in una nota l’ufficio studi di Confcommercio. “Su base tendenziale, l’ampio rimbalzo restituisce l’effetto del maggiore grado di restrizione registrato nello stesso mese del 2020, ciò determinando per molte aree dei consumi variazioni prossime o superiori al 90%. Questo fenomeno ha però garantito un recupero solo parziale delle pregresse perdite. Nel confronto con marzo 2019, infatti, le vendite a volume del comparto non alimentare sono ancora inferiori del 9,3 per cento”. Più ottimista invece l’ufficio studi di Confesercenti, che individua “il primo inizio di un recupero reale dopo molti mesi di forte crisi” e una ripresa che deve essere consolidata con il decreto sostegni bis e i fondi del piano di ripresa e resilienza. In questa dinamica positiva “stridono comunque sia la fortissima crescita dell’e-commerce (circa il 40% tendenziale) e soprattutto il fatto che le piccole imprese non sembrino partecipare alla ‘festa’. I piccoli negozi, infatti, nonostante l’incremento medio mensile continuano, infatti, a perdere terreno con il dato trimestrale che presenta ancora il segno meno”.