Dopo aver cambiato le modalità di consumo della clientela in tutto il mondo, andando a ritroso nella catena produttiva, la pandemia sta modificando anche i meccanismi di produzione del fast fashion. Da sempre contraddistinto dalla delocalizzazione e dalle produzioni di grandi quantitativi di articoli, il comparto sembra ora ricalibrare i suoi motori produttivi per limitare le scorte in magazzino. E per avvicinare gli impianti al mercato. Un primo indizio è arrivato dalla notizia, pubblicata nei giorni scorsi, di Uniqlo che ha lanciato un progetto di produzione made in Japan con lo scopo di intercettare meglio le richieste del mercato. Ora arriva anche la conferma di Inditex. Nel 2020 il colosso del fast fashion ha prodotto 450.146 tonnellate di capi, un valore inferiore del 17% rispetto alla produzione del 2019 e che la fa tornare ai livelli del 2016. I dati sono stati pubblicati nel report annuale del gruppo galiziano e sono stati analizzati dalla testata spagnola Modaes. La drastica riduzione registrata nel 2020 accelera il trend degli ultimi anni, che già segnava un rallentamento nella crescita dei capi che Inditex ogni anno immette sul mercato. Nel 2016, come anticipato, la produzione era inferiore rispetto allo scorso anno in valore, ma l’incremento percentuale rispetto al 2015 era stato del 20% circa, nel 2016 dell’11%, nel 2017 dell’8%, nel 2018 del 3,2% e nel 2019 del 3 per cento.
Il motivo sarebbe legato all’aumento del concetto di produzione in prossimità, fondamentale per il fast fashion. Sempre secondo la testata, la produzione in prossimità ha rappresentato il 49,42% del totale fornitori nel 2020. Nel 2018 rappresentava il 45,89% del numero di fornitori e nel 2019 il 47,04 per cento.
Non a caso, contestualmente alla diminuzione della produzione complessiva, il colosso iberico ha anche ridotto il numero di fornitori in Cina per la prima volta negli ultimi cinque anni. Il gruppo organizza la propria offerta globale in dodici cluster (Spagna, Portogallo, Marocco, Turchia, India, Bangladesh, Pakistan, Vietnam, Cina, Cambogia, Argentina e Brasile), che rappresentano il 97% della produzione totale. Alla fine del 2020, Inditex aveva lavorato con 412 fornitori in Cina. Secondo quanto risulta a Modaes, rappresenta una riduzione del 13,6% rispetto ai 477 dell’anno prima. “Questi fornitori, a loro volta – si legge sul sito – hanno lavorato con 1.414 fabbriche di abbigliamento (1.465 nel 2019) e 1.323 altre fabbriche di processo (853 nel 2019). L’azienda ha ridotto il numero di fornitori, ma ha lavorato con aziende più grandi, il che si riflette nell’aumento del 26% del numero di lavoratori dei produttori che ha registrato nel 2020 635.532 dipendenti”. Nell’ultimo anno, Inditex ha ridotto il numero di fornitori con cui lavora in tutti i suoi cluster tranne uno: la Turchia. Nel 2020, Inditex ha lavorato con un totale di 215 fornitori in Turchia, il 6,44% in più rispetto al 2019. A sua volta, l’azienda ha operato con 906 fabbriche di abbigliamento nel Paese (959 nel 2019) e 828 fabbriche associate ad altri processi (747 all’anno prima). In totale, le fabbriche che hanno lavorato per Inditex in Turchia hanno aggiunto 364.201 dipendenti nel 2020, il 9,5% in più rispetto al 2019.