Diviso tra un primo semestre in linea con il trend del 2022 e un ultimo rallentato da fattori sia esogeni sia fisiologici, il comparto aspetta la seconda metà del 2024 per un nuovo momento di recupero dopo l’euforia post-Covid.
Il 2023 è stata un’annata a due velocità per il comparto tessile-moda, che Sistema Moda Italia (Smi) stima chiudersi a quota 64,4 miliardi di euro, in crescita del 3% sull’anno precedente. Un incremento contenuto e ‘flat’ per l’universo fashion tricolore, sebbene il dato sia comunque superiore al valore pre-Covid, che si era attestato a 56 miliardi di euro. In principio i dodici mesi appena archiviati hanno proseguito lungo il trend tracciato dal 2022 ormai pienamente post-pandemico e terminato con ricavi per 62,5 miliardi, in rialzo del 17,8% sull’anno precedente e dell’11,7% sul 2019. Come hanno rilevato i dati di Smi e quelli preliminari rilasciati dal Centro Studi di Confindustria Moda, infatti, da gennaio a giugno le entrate del comparto tessile-moda hanno conosciuto una progressione del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2022, mentre la seconda metà dell’anno ha lasciato emergere segnali di cedimento e un tasso di crescita più debole. Nel terzo trimestre, in particolar modo, hanno fatto capolino i primi segnali di indebolimento, con un sensibile rallentamento della congiuntura settoriale, già prospettato dagli analisti e innescatosi nel secondo quarter, per poi trovare definitivo compimento. Dietro il riassestamento verso il basso della filiera ci sono da un lato la fisiologica normalizzazione che segue a un periodo di euforia come quello post-pandemico, dall’altro il cosiddetto ‘effetto frusta’, che ha messo alla prova gli equilibri della supply chain. Prendendo in considerazione i dati Confindustria Moda relativo all’aggregato tessile-moda e accessorio, le stime di chiusura sono analoghe: +3,2% per un valore complessivo di 111,7 miliardi di euro con un incremento dovuto “all’aumento delle vendite a valore mentre si registra una contrazione dei volumi rispetto all’anno precedente”, spiega la nota. Il 2024 si apre, quindi, con diverse ombre all’orizzonte, legate alla riduzione del portafoglio ordini, il che dovrebbe portare ad una prima metà dell’anno ‘flat’ in linea con la chiusura del 2023. Gli occhi sono puntati sulla seconda metà del 2024 che, salvo ulteriori scossoni, potrebbe riprendere slancio.
MONTE E VALLE IN DIFFERITA
Nel 2023 le traiettorie del monte e della valle della filiera del tessile-abbigliamento sono avanzate con velocità diverse a causa di dinamiche e fattori esogeni. “I due fronti vivono due momenti diversi, non solo adesso”, ha spiegato a Pambianco Magazine Gianfranco di Natale, direttore generale di Smi. Guardando indietro al 2022 per esempio, ha proseguito il manager, “il settore aveva messo a segno una crescita complessiva del fatturato di quasi il 18%, ma mentre il monte si era avvicinato al +20%, il valle della filiera si era fermato intorno al +17 per cento”. Dal momento che le aziende che stanno a monte producono per quelle che si trovano a valle, ovvero le realtà direttamente esposte alle correnti, se il mercato in uscita rallenta o addirittura si ferma, lo farà anche la richiesta di prodotti semi-lavorati e quindi il trend di raffreddamento inevitabilmente ripercorrerà a ritroso la catena di fornitura. Il monte, inoltre, è stato reduce da un 2022 di eccezionale dinamismo all’indomani della crisi pandemica, e si è trovato nel corso del 2023, inesorabilmente, a fare i conti con le questioni delle giacenze, che il valle non è stato in grado di smaltire, e di una sovrapproduzione che ha necessitato di un ridimensionamento. Un sentiment di rinnovata cautela condivisa che era emerso anche tra gli espositori di Milano Unica, kermesse dedicata al tessile e che raccoglie molte delle aziende manifatturiere tricolori. I due lembi del comparto, tessile a abbigliamento, restano ovviamente legati a doppio filo e attraversati da un concorso di criticità che stanno caratterizzando il new normal: una guerra, come quella tra Russia e Ucraina, che ha scompaginato gli equilibri energetici e più recentemente l’inasprirsi del conflitto israelo-palestinese. E ancora: l’aumento dei costi dovuti allo scenario inflazionistico, che ha pesato sensibilmente sulle performance a cavallo tra il 2022 e il 2023.
IN ATTESA DEL 2024
La nuova ripartenza per il tessile-moda avverrà non prima della seconda metà del 2024. Un altro semestre di luci e ombre, dunque, separa la industry da un momento atteso come di ritrovato slancio, ha confermato anche di Natale rifacendosi alle previsioni dell’osservatorio di Smi. Secondo lo ‘State of Fashion 2024’ pubblicato da Business of Fashion, il settore sarebbe in balìa, già dall’avvio dell’era del Covid, del cosiddetto ‘effetto frusta’ (‘bullwhip effect’), che vedrà annebbiarsi ancora l’orizzonte della sua supply chain. Il fenomeno, infatti, ha a che fare con la volatilità della ‘catena alimentare’ dell’industria, su cui hanno impattato le variazioni nella domanda da parte dei consumatori. Il calo, o il ridimensionamento della domanda, fisiologico nella normalizzazione post-Covid, si ripercuote su tutti gli attori che popolano la filiera, costringendoli a ridimensionare produzioni e previsioni. Dopo gli intoppi della supply chain che hanno contraddistinto il 2020 e il 2021, nella seconda metà del 2022 sono emerse le pressioni inflazionistiche post-pandemia e un rinnovato clima di incertezza economica, che ha spinto i consumatori alla cautela, le aziende del valle si sono trovate ad affrontare il tema dell’invenduto, riducendo o addirittura annullando gli ordini per il 2023, con conseguenze non trascurabili sulle aziende a monte della supply chain. Secondo un sondaggio condotto a settembre 2023 da McKinsey, l’effetto frusta non scemerà così velocemente e per il 73% dei buyer intervistati la volatilità della domanda sarà una delle principali sfide che caratterizzeranno le relazioni con i fornitori per i prossimi cinque anni.