Il distretto di Prato si ribella. Sono oltre 200, infatti, le aziende del distretto industriale tessile di Prato che hanno inviato, il 20 aprile, a mezzo Pec, comunicazione di “parziale riapertura delle attività” alla prefettura di Prato e alla presidenza del Consiglio dei ministri. Un piccolo esercito che ha sottolineato di non poter attendere la riapertura delle attività fissata dal Governo per il 4 maggio. Le imprese in questione non fanno parte di quelle che possono agire in deroga al lockdown secondo i Dpcm del 22 marzo e del 10 aprile: l’iniziativa si configura dunque come una provocazione che ha il marchio della protesta.
Nelle comunicazioni si sostiene anche che “l’obsolescenza tecnica dei prodotti del settore del tessile e dell’abbigliamento è pari a quella della filiera alimentare, in quanto attività fortemente stagionale, e che le aziende contoterziste sono essenziali per mantenere attivo il ciclo produttivo della filiera della moda e del made in Italy”. Inoltre, “il mancato rispetto dei tempi di consegna previsti dai singoli capitolati potrebbe esporre i nostri clienti (ma indirettamente anche la nostra azienda) a considerevoli penali e/o richieste di risarcimento danni difficilmente sopportabili dai conti economici aziendali già provati dall’emergenza” mentre invece “sono già stati posti in essere (o lo saranno per la data di riapertura) tutte le precauzioni e protocolli anti-contagio previsti sia dalla legislazione nazionale che regionale”. Peraltro, affermano le imprese nella lettera, “l’ingresso dei dipendenti e collaboratori in azienda avverrà solo su base volontaria, senza nessun obbligo a carico del singolo dipendente” e “la riapertura riguarderà solamente alcuni reparti produttivi essenziali, fermo restando che le altre attività rimarranno sospese o saranno effettuate in smart working”.
Secca la replica del prefetto di Prato, Lucia Volpe, secondo cui “le persone che hanno prodotto le dichiarazioni di apertura anticipata delle aziende devono sapere che stanno agendo attualmente in maniera contraria alla legge, come peraltro ammettono nella dichiarazione prodotta. Se davvero riapriranno, si assumeranno le proprie responsabilità”.
Intanto Confindustria Toscana Nord, attraverso le parole del vicepresidente Francesco Marini, chiarisce in un comunicato che l’iniziativa “è comprensibile nelle finalità, per quanto non condivisibile nelle modalità. Confindustria Toscana Nord non promuove iniziative contrarie alla legge. Ma la legge dovrebbe anche comprendere che creare situazioni insostenibili può generare reazioni anche forti. La disperazione nel vedere il proprio lavoro distrutto può portare a questo e ad altro”. In ogni caso, a fronte del “danno irreparabile all’occupazione”, l’associazione ribadisce: “Impensabile riaprire il 4 maggio: se non prima, occorre che lunedì 27 le imprese del settore moda di Confindustria Toscana Nord possano essere operative”. Naturalmente con l’impegno ad adottare “tutte le norme di sicurezza”.