Poco contano le critiche davanti all’oggetto dei propri desideri. È la conclusione che emerge dell’intricata vicenda tra Kanye West e Adidas che, dopo aver concluso la partership con l’artista americano a seguito di gravi episodi di razzismo e commenti antisemiti, ha deciso di mettere sul mercato l’invenduto relativo alle collezioni Yeezy. Giacenze che in un mese (tra maggio e giugno), secondo quanto riportato dal Financial Times, si sono rapidamente trasformate, tramite un primo drop, in oltre 508 milioni di euro di ricavi.
Cifre che vanno a risanare le previsioni di perdita degli scorsi mesi: a febbraio si stimava che nei risultati per i 12 mesi il colosso dello sportswear tedesco avrebbe potuto accusare una riduzione dei ricavi di circa 1,2 miliardi per l’anno corrente.
Numeri importanti a fronte di un 4 milioni di scarpe vendute e di una richiesta non del tutto soddisfatta. Sempre secondo quanto si legge sulla testata americana, nel suo primo drop, l’azienda ha messo in vendita 15 diversi modelli Yeezy, dai più economici ai più costosi. Le popolari ‘500 Utility Black’, ad esempio, che sulla piattaforma di rivendita online StockX vengono vendute in media a circa 237 euro, in Europa sono andate sold out in poche ore.
“Adidas dovrà probabilmente aggiornare le sue previsioni di ricavi e profitti per riflettere la vendita iniziale delle scorte di Yeezy”, ha dichiarato Thomas Chauvet, responsabile della ricerca sul lusso e gli articoli sportivi di Citibank, aggiungendo che i segnali di una forte domanda per le scarpe Yeezy invendute sarebbero stati benvenuti.
In occasione dell’assemblea annuale dell’azienda, avvenuta lo scorso maggio, l’AD di Adidas Bjørn Gulden aveva comunicato agli investitori che il ricavato dalla vendita delle sneakers a marchio Yeezy sarebbe andato ad organizzazioni che rappresentano tutte quelle persone che in qualche modo sono state danneggiate dai commenti e dai comportamenti di West. Gli enti di beneficenza, ha poi fatto sapere l’azienda, saranno cinque, alle quali dovrebbero essere poi devoluti oltre 8,5 milioni di euro ciascuno.
Una decisione che aveva permesso al player tedesco di ‘inciampare’ in qualche incidente mediatico (nonostante questa potrebbe comportare ad una possibile percentuale sulle vendite per West). Già nella call agli analisti dello scorso trimestre Gulden aveva infatti parlato apertamente delle opzioni che erano state presentate in merito al ‘problema Yeezy’, specificando come la sola vendita dei prodotti avrebbe potenzialmente potuto aumentare i ricavi dell’azienda, comportando un possibile rischio in termini di reputazione e immagine.
Nonostante un fine 2022 turbolento e le accuse, Adidas è riuscita a chiudere al di sopra delle aspettative i primi tre mesi del 2023, con un performance ‘flat’ rispetto allo stesso periodo del 2022, con vendite per 5,3 miliardi di euro (-0,5%), ma superiore alle attese del gruppo e degli analisti che si aspettavano un calo dei ricavi del 4 per cento. L’utile operativo è stato positivo per 60 milioni di euro, in calo dell’87% su base annua e la perdita netta da attività ricorrenti della società è stata pari a 24 milioni di euro (nel 2022 era positivo per 310 milioni). Nell’ultimo trimestre pesava ancora l’assenza di Yeezy, che solo sull’e-commerce ha influito con un -23 per cento, perché, come spiegato dallo stesso AD in una nota, la stragrande maggioranza di questo prodotto veniva venduta attraverso il canale online di Adidas.