La normalizzazione si dimostra uno scenario sfidante per le aziende del fashion alle prese con la trasformazione dei consumi. Resta la centralità dei momenti chiave per lo shopping e torna a crescere il tax free.
Il post-pandemia, la guerra in Ucraina, il conflitto mediorientale e ancora i cicli macroeconomici con le dinamiche inflattive ancora elevate. Lo scenario del cosiddetto new normal all’interno del quale si stanno riequilibrando in modo piuttosto repentino una serie di dinamiche geopolitiche ed economiche, si sta confermando più che mai una situazione sfidante per il contesto delle aziende della moda e del lusso che, come altri settori, hanno dovuto far fronte una vera e propria trasformazione radicale del mondo dei consumatori. Gli ingredienti ci sono tutti: riassestamento delle dinamiche dell’e-commerce dopo l’euforia del post-Covid, il ritorno del turismo internazionale alla ricerca soprattutto di esperienze, l’incognita della Cina, alle prese con lo sgonfiamento della bolla immobiliare, la naturale avanzata delle nuove generazioni, Gen Z e Gen X che seguono caratteristiche di consumo nettamente diverse rispetto ai loro ‘genitori’. Il tutto all’interno di uno scenario che sta già evidenziando un rallentamento della corsa galoppante dell’alto di gamma. Sono i temi emersi nel corso dell’ultimo Pambianco-PwC Fashion Summit che si è tenuto lo scorso 7 novembre come da tradizione all’interno della cornice di Palazzo Mezzanotte a Milano, sede di Borsa Italiana e che ha visto la partecipazione di diversi protagonisti del mondo della moda, dell’innovazione, dei social e della distribuzione. L’appuntamento ha richiamato oltre 250 invitati a cui si sono aggiunte quasi 2.500 iscritti allo streaming.
GEOGRAFIA DEI CONSUMI
La fotografia nitida della situazione dei consumi arriva dai dati presentati da PwC Italia che ha analizzato in modo dettagliato il periodo ‘caldo’ dello shopping pre-natalizio nelle tre principali aree mondiali, Europa, Usa e Cina. “Nel Vecchio Continente- spiega Erika Andreetta, partner PwC Italy, EMEA fashion & luxury leader – stiamo assistendo ad uno spostamento trasversale dai beni ai servizi. La situazione dell’Eurozona è stabile con temi legati a tassi di interesse alti e un commercio debole”. Negli Stati Uniti il terzo trimestre ha evidenziato un Pil sopra le attese con un +4,9% ma lo scenario in divenire resta comunque difficile in considerazione delle elezioni presidenziali del prossimo anno. “C’è un aumento dei salari, una maggiore inflazione, i risparmi previsti per consumi nel 2024 sono più deboli rispetto a quest’anno e all’anno precedente. Spostandoci verso la Cina, la considero ‘in letargo’. È cresciuta molto negli ultimi anni, c’è del potenziale ma c’è un tema forte, la contrazione della ricchezza delle famiglie medie cinesi, diminuita del 4,3%, per via dell’aumento dei prezzi degli affitti delle case, il che porta ad una minore propensione dei consumi”. In questo contesto si inserisce l’andamento del lusso che, dopo un 2021 e 2022 ‘galoppante’ sotto il profilo degli incrementi, è alle prese con un rallentamento nell’ultima parte dell’anno. “Va considerato comunque come un ridimensionamento dopo due anni di crescita intensa – sottolinea Andreetta – e il segmento del lusso continua a crescere, va sottolineato”. Il traguardo importante sarà quello della holiday season già avviata. “Ci aspettiamo di vedere se ci sarà destocking vista la propensione ai consumi e all’anticipo dei consumi di Natale alla ricerca di occasione soprattutto nel beauty e fashion”.
A fare da termometro della situazione e a dare il polso dell’attitudine al consumo ci sono i tradizionali eventi dedicati allo shopping, ovvero il Black Friday e il Singles’ day in Cina fino ad arrivare alla holiday season americana per la quale è previsto un ribilanciamento del portafoglio, con più acquisti per i viaggi, meno per i beni. Inoltre, Millennials e Gen z dichiarano che andranno a spendere di più per gli acquisti di Natale (Gen Z +15%, Millennials +14%, Gen X +12%). Sul fronte dell’Asia, la Cina resta un mercato enorme e fondamentale, nonostante le preoccupazioni di parte dei consumatori per il rialzo delle spese legati agli affitti, come effetto della bolla del real estate. “Il gigante asiatico – spiega Andreetta – ha avuto da dati macroeconomici, un aumento del Pil nell’ultimo trimestre del 5,2 per cento. Abbiamo ancora un tasso di disoccupazione importante ma riscontriamo una preoccupazione del cinese medio rispetto al costo della vita e quindi al prezzo degli affitti e delle case. Non è da dimenticare il fenomeno del turismo, sicuramente domestico ma dai dati relativi al terzo quarter siamo già a 12 milioni di turisti cinesi che prendono voli internazionali e speriamo siano sempre di più. Soprattutto, abbiamo una crescita importante delle persone molto ricche in quel mercato: le nostre statistiche dicono che, se ora siamo sugli 11 milioni di ultra ricchi entro il 2027 questo numero andrà a raddoppiare”.
TAX FREE IN RECUPERO
Il ‘new normal’ sta toccando anche l’andamento tax free in Europa, con un ritorno dei turisti internazionali nei principali Paesi del Vecchio Continente, Italia inclusa, e, di conseguenza una crescita degli acquisti personali esentasse. Se confrontate con il pre-Covid, le vendite tax free non hanno ancora superato il gap, arrivando a un -16% ma il dato, raccolto da Planet, società che fornisce soluzioni software, di pagamento e tecnologiche integrate nei settori hospitality e retail e rappresenta comunque un risultato significativo se rapportato al -32% del 2022. “Il trend è positivo soprattutto sul territorio francese. A fare da traino è la capitale Parigi (-4% rispetto al 2019), che da sola rappresenta il 35% del mercato tax free europeo”, spiega Stefano Uggeri, Svp and managing director retail Italy Planet. Come evidenziato dai risultati dell’analisi, la Francia ha registrato un -2,8% di vendite tax free rispetto al 2019, un dato che quindi porta il Paese ad un quasi recupero del periodo pandemico. L’Italia è in ottima posizione. “Il Belpaese segue a ruota – aggiunge Uggeri –. Sicuramente il gap con i cugini d’Oltralpe è ancora importante ma ci sono tutte le premesse per proiettarci su un 2024 in linea con i trend già registrati in Francia”. Riguardo al mix delle nazionalità in Europa, il 2023 segna un ribaltamento rispetto al pre-pandemia: se nel 2019 erano i cinesi ai vertici della classifica con una quota del 30%, oggi sono scesi al 10% superati dagli statunitensi, i cui acquisti rappresentano il 29% del mercato. Tra le città, Parigi si attesta a un -4% rispetto al 2019. Il quartetto Milano, Barcellona, Roma e Madrid seguono, rappresentando complessivamente solo il 15 per cento. In Italia, Milano, Roma e Firenze emergono come riferimento per lo shopping internazionale garantendo nel complesso quasi il 50% delle vendite tax free italiane con uno scontrino medio che supera la soglia dei mille euro. Milano e Roma arginano il calo pre-pandemia rispettivamente al -14 e -15%, a Firenze le vendite esentasse sono al -21% rispetto al 2019 a causa del mercato cinese non ancora in recupero mentre Venezia permane in forte difficoltà con un -65 per cento. Trend positivo degli outlet con Serravalle con un +13 per cento.
A incentivare ulteriormente i consumi dei turisti non europei potrebbe essere la norma inserita nella prossima Legge di Bilancio che prevede la diminuzione della soglia minima di spesa da 154 a 70 euro. “La Francia – aggiunge il managing director retail Italy Planet – la sta facendo da padrone riuscendo, post Brexit, a conquistare una buona fetta del mercato tax free degli shopper internazionali, ereditandoli dal mercato inglese. Il primo intervento su cui si è adoperato il governo Macron è stato quello di abbassare la soglia minima del tax free. Dopo una prima fase di tentennamento stiamo vedendo con assoluta positività la proattività di questo governo per indirizzare una norma che deve trovare necessariamente approvazione nel corso delle prossime settimane. Sicuramente l’abbassamento della quota minima di spesa esentasse aprirà e democratizzerà il mercato, andando a toccare anche dei commercianti che al momento non sono in grado di utilizzare la leva del tax free per rendere più attrattivo il proprio prodotto e il proprio concept. Da questo punto di vista, quindi, direi che si tratta di un segnale positivo”.
CONSUMER GOODS IN CRESCITA
Lo sguardo del mondo della moda è puntato anche sui listini azionari, che nonostante gli shock ravvicinati degli ultimi anni, dalla pandemia alla guerra in Ucraina, oggi anche il conflitto in Medio Oriente, hanno evidenziato una tendenza al rialzo delle performance. Dai dati raccolti da Borsa Italiana e presentati in occasione del 28° Pambianco-PwC Fashion Summit, il settore dei consumer goods del Ftse Italia ha beneficiato di buoni andamenti rispetto al trend dei mercati in generale, seppur con una correzione negli ultimi mesi. Rispetto al 2018 il paniere ha registrato un aumento del 37%, rispetto al 2020 del 43% e del 13% da inizio anno. Anche il termini di valutazioni, il segmento continua a beneficiare di valori premianti rispetto ad altre categorie con una media del 14,2% dell’enterprise value sull’ebitda 2023 stimato. Spiccano, in questo frangente, i risultati di alcuni titoli del lusso come Hermès in Francia (27.9x), Ferrari (21.6x) e Cucinelli (16.9x) in Italia. “Per quanto ci riguarda – spiega Barbara Lunghi, head of primary markets Borsa Italiana – stiamo vivendo in un new normal in cui i mercati dei capitali europei più forti e in evoluzione sono di fatto adatti sono in grado di rispondere alle esigenze di una popolazione molto diversificata. Ci siamo abituati a degli shock macroeconomici sul business e sul mercato con una consuetudine nella valutazione da parte degli investitori della capacità di resilienza dei diversi settori e delle singole società e delle singole equity story”. In questo contesto l’head of primary markets Borsa Italiana prevede nel lungo periodo “una coerenza di allineamento tra la performance aziendale, la performance macroeconomica e la performance borsistica. “Il new normal sarà anche l’utilizzo più frequente delle finestre di mercato adatte a raccogliere capitali e anche ad ottenere valutazioni premianti e questo si riesce a fare con efficacia pianificando al meglio l’operazione di quotazione”. La Borsa continua a confermarsi uno strumento chiave per le aziende in ottica di raccolta di capitali per la crescita, oltre che di visibilità e maggiore autorevolezza nel proprio settore. Inoltre, aggiunge Lunghi, “la quotazione consente anche di soddisfare ambizioni di crescita time to time e consente anche di attrarre nuovi talenti manageriali che sono sempre più abituati a lavorare in gruppi quotati”. Dal 2012 si sono quotate 37 società nel settore lifestyle con una raccolta aggregata in fase di quotazione di 5,6 miliardi di euro. Le società del fashion quotate sono 14 e hanno raccolto un miliardo e mezzo. “Le aziende del lusso dovranno indirizzare i propri investimenti dove si concentrano le opportunità e le sfide del settore, dalla sostenibilità, alla catena della creatività, dalla tecnologia ai dati e crediamo che la Borsa possa supportare al meglio le aziende in queste sfide”.
LA COMUNICAZIONE DIVENTA IBRIDA
L’ultimo Pambianco-PwC Fashion Summit ha posto l’accento anche sulle sfide dell’editoria alle prese con la nuova normalità che impone sempre di più l’utilizzo di modelli di comunicazione ibridi per raggiungere una platea allargata di target. Secondo Daniela Sola, CEO Reworld Media Italia, la conferma arrivi dagli Stati Uniti “dove abbiamo deciso di operare in diretta con Reworld Media”. A seguito dell’acquisizione a gennaio di Grazia da parte del gruppo francese Reworld Media, fondato nel 2012 e con un turnover di oltre 500 milioni di euro, una delle operazioni più importanti è stato il ritorno del magazine all’interno del mercato americano, considerato prioritario e strategico. Per presidiare il mercato Reworld Media, ha aperto una società in loco, Reworld Media Us controllata al 100% da Reworld Media Italia con un team snello in grado di rispondere velocemente e con efficacia alle esigenze del mercato. “Questo – racconta Daniela Sola – ci ha consentito di muoverci velocemente in un bacino prioritario e di rispondere con una piattaforma media digitale e con delle pubblicazioni premium che siano all’altezza dei nostri clienti e dei nostri lettori”. Altro capitolo importante è stato quello di adottare una strategia diversa in termini di circulation mix. “Bisogna abbattere l’idea che avere più copie significhi ottenere maggiore successo. Non è più così perché bisogna dialogare con i nostri utenti e i nostri lettori e bisogna utilizzare diversi canali. Oggi ci troviamo a parlare ad un target di giovani che usano il mobile e allo stesso tempo anche ad un target alto spendente, cosa che ci viene richiesta dagli stessi brand. Come fare? Studiando a tavolino una profilazione del nostro utente che risponda a queste caratteristiche con un mix di pubblicazioni sia cartacee che digitali e con la capacità di agire in modo efficace e veloce”.