I saloni Maroc in Mode – Maroc Sourcing confermano l’importanza strategica, nel mercato tessile europeo, della manifattura made in Marocco. Che, adesso, scommette sulla sostenibilità.
Il tema green, infatti, diventa un asset competitivo per la patria del fast fashion. L’ultima edizione delle due fiere annuali, svoltesi a Marrakech lo scorso ottobre, ha visto la partecipazione di oltre 1.800 visitatori provenienti da 22 nazioni, tra cui l’Italia (8,5% degli accessi). Mohamed Tazi, direttore generale di Association marocaine des industries du textile et de l’habillement (Amith), ha ricordato che il Marocco è tra i dieci più grandi produttori tessili per il mercato europeo nonché secondo fornitore per i Paesi mediterranei. Il settore tessile fornisce oltre 200mila posti di lavoro all’interno di 1.600 aziende supportate dal Governo in collaborazione con Pai (Plan Acceleration Industriel). Città come Casablanca, Tangier, Rabat e la stessa Marrakech ospitano le realtà industriali cui si rivolgono molti marchi specializzati in denim, maglieria, tessile casa e, soprattutto, fast fashion. Sebbene la Cina continui a essere il partner prediletto dalle aziende europee, il Marocco spicca per le capacità produttive che attraggono anche brand italiani di fasce diverse, dal low cost (Ovs), al premium (Twinset, Diesel, Miroglio) fino al segmento lusso (Armani). È però principalmente il fiorire della moda low cost ad aver fatto da propulsore all’industria marocchina: “Il fast fashion – ha dichiarato Tazi durante la manifestazione – è una filosofia, una cultura che non può essere affidata a chiunque. L’Asia non è in grado di realizzare con la stessa velocità ciò che riusciamo a fare qui e, inoltre, stiamo lavorando per incrementare i nostri impegni verso nuovi sviluppi ecosostenibili”. Sebbene sembrino due universi agli antipodi, il fast fashion e la sostenibilità riescono a trovare terreno comune all’interno di Maroc in Mode. “C’è una riflessione reale sulla sostenibilità, ma per dare vita a un tipo di industria green è necessario anzitutto l’impegno da parte del Portogallo, un competitor che gioca un ruolo importante nella produzione low cost, così come quello della Spagna, Paese in cui sono presenti importanti realtà di settore”, spiega il manager. Un primo passo verso la sostenibilità arriva per il momento dal denim: “Le aziende produttrici di jeans si stanno gradualmente attenendo agli standard ambientali riconosciuti internazionalmente e – conclude Tazi – è partito anche un piano per diminuire lo spreco di acqua che caratterizza da sempre il denimwear. Finora è stato attuato dal 5% delle aziende ma con ottimi risultati”. Per quanto concerne l’inclusività, è un dato di fatto quanto l’industria tessile marocchina impieghi una forza lavoro prevalentemente femminile cui, in alcuni casi, è affidata la totale realizzazione dei prodotti moda.
di Marco Caruccio