Intelligenza artificiale, il futuro di internet e il Metaverso, come lo conosciamo oggi, ma soprattutto cosa significherà nel prossimo decennio, sia in termini di investimento che di experience. Questi alcuni dei principali temi toccati da Luca Colombo, country director Italy di Meta, durante il suo intervento al 28° Pambianco-PwC Fashion Summit.
Facciamo un salto indietro al 2021 e partiamo da un cambiamento radicale: da Facebook a Meta. Cosa ha significato e cosa significa oggi per voi?
Aver cambiato nome rispecchia ad oggi la nostra visione per il futuro di internet. Per noi questo comprende chiaramente dei grossi investimenti nel Metaverso in un mondo che sarà molto più immersivo e connesso con le persone, dove potenzialmente non avremo persino bisogno dei cellulari. La considerazione che si ha del Metaverso è quello che vediamo oggi, senza però spesso contemplare una visione futura.
Come sarà dunque il futuro?
Attualmente stiamo investendo ogni trimestre dai tre ai quattro miliardi di dollari (circa dai 2,8 ai 3,7 miliardi di euro al cambio attuale) in ricerca e sviluppo per dispositivi di nuova generazione che da qui ai cinque – dieci anni renderanno l’esperienza digitale molto più fruibile, rimodellando al contempo l’idea e la percezione che si ha del Metaverso. La nostra visione comprende infatti oggetti indossabili che permettono di accedere ad internet proprio come è possibile farlo attraverso uno smartphone. Se oggi entriamo in rete tramite un dispositivo di quattro pollici e mezzo, immaginate un giorno di farlo con le mani e con degli oggetti, come ad esempio questo paio di occhiali che abbiamo realizzato con Luxottica, capaci di fare video call, telefonate o ascoltare musica. Il concetto alla base è quello che siamo riusciti a raggiungere con i nostri ultimi visori: si viene totalmente immersi in una realtà virtuale ma che interagisce con il mondo fisico, seguendo una forma di Metaverso ancora molto ‘leggera’. Oggi lo vediamo con degli occhiali ma in futuro lo vedremo potenzialmente con orologi ed oggetti che portiamo quotidianamente con noi, dei wearable devices.
Questi ingenti investimenti seguono comunque un periodo di stallo del mercato…
Certo. Per noi l’ultimo anno è stato abbastanza complesso sotto il punto di vista dell’‘efficienza’. C’è stata una normalizzazione di quello che è stato un boom derivante dalla pandemia: nel 2020 c’è stata un’accelerazione sul digitale, nel 2021 un consolidamento se non un’ulteriore accelerazione e nel 2022, che si pensava dovesse essere in linea con i due anni precedenti, una stabilizzazione dei numeri raggiunti. L’idea di un’ulteriore crescita ha portato poi ad avere chiaramente degli accessi di investimento nel 2022 che non hanno avuto un seguito nelle revenue.
Domani quale sarà il vostro modello di business?
È sempre difficile definire ora nel mondo della tecnologia quello che si vedrà tra sei e dodici mesi. Oggi realizziamo revenue vendendo questi dispositivi e al momento il modello di advertising non fa parte di questa esperienza perché si tratta di un percorso molto lungo. Probabilmente nei prossimi cinque – dieci anni il modello di monetizzazione seguirà ancora l’adv, ma non ne possiamo avere la certezza. In questo momento ci stiamo concentrando sul creare un’esperienza per il consumatore, dopo penseremo concretamente ad una forma di monetizzazione. Se ci pensiamo è stato così anche con Instagram: quando lo abbiamo acquistato nel 2012 la prima forma di monetizzazione è arrivata nel 2016 in advertising. Ma allora ancora non lo sapevamo.
Parlando di AI: si sente molto parlare di ChatGpt, qual è stato il vostro approccio?
Sotto il macrotema dell’AI ci sono tantissimi sistemi che servono ad abilitare questo tipo di esperienza. ChatGpt ha creato molta attenzione sul mondo AI, ma per le aziende tecnologiche come la nostra è parte del quotidiano da un decennio. Ad esempio, per tenere le nostre piattaforme sicure e pulite da contenuti non particolarmente validi, l’AI è un elemento chiave da anni. Anche le traduzioni che trovate sulle nostre piattaforme sono alimentate da AI. Le macchine di intelligenza artificiale non fanno altro che permetterti di focalizzare e raggiungere un obiettivo, che può essere un acquisto così come la realizzazione di un video, nel minor tempo possibile.
Rispetto a queste innovazioni, quali insegnamenti devono trarre le aziende?
In questo momento vedo veramente un grosso cambio di paradigma. Oggi siamo in un mondo dove probabilmente i dati vengono utilizzati un po’ di meno, l’AI con l’automatizzazione ha permesso di fare cose molto più ricche disegnando un cambiamento culturale notevole, soprattutto nella comunicazione. Un cambiamento che se non ben interpretato rischia di farti perdere tempo e risorse. Per prima cosa, le aziende devono cambiare il proprio approccio in ambito marketing. Secondo punto: tornare al Metaverso in un’ottica di sperimentazione anche nel virtuale, che permette, soprattutto in certe professioni, come ad esempio quella del medico, di formarsi in maniera più sicura.