Il fisco italiano mette nel mirino Kering, cui contesta 1,4 miliardi di euro di tasse dovute. Il colosso transalpino del lusso ha diffuso una nota, venerdì pomeriggio a Borsa chiusa, in merito all’inchiesta relativa alle tematiche fiscali, aperta a Milano nel 2017. “Gli organi verificatori delle autorità fiscali italiane – si legge – hanno terminato le attività di verifica e hanno presentato oggi una relazione secondo la quale Luxury Goods International (LGI), società del gruppo Kering con sede in Svizzera, avrebbe esercitato un’attività d’impresa in Italia che avrebbe dovuto comportare un obbligo di pagamento di imposte nello stesso Paese”. Tale conclusione, si legge sempre nel comunicato del gruppo guidato da François-Henri Pinault, non è condivisa dal gruppo Kering.
“La relazione sopra citata – spiega ancora la nota – riguarda i risultati relativi agli anni dal 2011 al 2017, per un importo contestato di imposte stimato a circa 1,4 miliardi di euro”.
La relazione sarà adesso esaminata dai competenti organi dell’Agenzia delle Entrate incaricati di valutarne le conclusioni e di formulare le conseguenti determinazioni. Kering contesta l’esito della verifica, sia nelle motivazioni che nell’importo, ma si dichiara “fiduciosa circa la conclusione del procedimento attualmente in corso e continua a cooperare pienamente ed in totale trasparenza con le autorità fiscali italiane, al fine di vedere tutelati i propri diritti”.
Il gruppo conferma di aver adottato un sistema di rigido monitoraggio dei propri rischi fiscali e di mantenere un approccio prudente nella valutazione delle proprie passività fiscali, in particolare per quelle relative alle politiche di transfer pricing applicate dal gruppo.
Il titolo, questa mattina, ha viaggiato in negativo, ma con una flessione non significativa (attorno al -1%).