In Italia sarà disponibile su Netflix dal 1° aprile con il titolo ‘I vestiti raccontano’. Il documentario realizzato dalla piattaforma di streaming si aggiungerà ai telefilm di successo ‘Emily in Paris’ e ‘Gossip Girl’, allo speciale sulla vita di Jeremy Scott, al talent ‘Next in fashion’, ai consigli diarie Kondo e agli altri numerosi contenuti riconducibili alla moda. A distinguere la nuova miniserie, il cui titolo originale è ‘Worn stories’, sono due aspetti: i protagonisti e i prodotti.
Per quanto riguarda i protagonisti, davanti alla telecamera non ci sono famosi fashion designer o note direttrici di magazine patinati, la trama non ruota intorno a un gruppo di giovani ragazze pronte a tutto pur di avere successo calzando décolleté Christian Louboutin, non ci sono vincitori né vinti annunciati da una giuria di esperti. ‘I vestiti raccontano’ è la trasposizione video dei best seller di Emily Spivack che dal 2010 raccoglie le storie di personaggi famosi, ma soprattutto quelle di persone comuni, racconti legati agli abiti che rappresentano qualcosa di speciale e, proprio per questo, vengono conservati in guardaroba per anni, talvolta per sempre.
Ed ecco, appunto, il secondo aspetto: il vestito come oggetto identitario, a prescindere dalla firma e dal valore economico, e non come status symbol. Nelle otto puntate si susseguono persone e storie diametralmente opposte, tutte lontane da concetti legati allo shopping fast fashion o al capo must-have di stagione. I racconti sono però accomunati dal valore personale dato a un capo apparentemente comune, spesso di uso quotidiano. La serie inizia teorizzando che “abbiamo tutti delle storie legate a un capo di abbigliamento” ma, ironicamente, i primi intervistati sono una coppia di nudisti che ammettono di essere a loro agio senza alcun indumento addosso.
Si passa poi dalla divisa di una sorvegliante alla t-shirt dell’università indossata da un astronauta prima di ogni decollo, intrisa di ricordi e testimonianza di una lunga gavetta. C’è l’ex galeotto che riscopre il piacere di indossare una semplice camicia a quadri dopo essere stato rilasciato: “Vestito così sono un uomo libero”, dichiara. Una donna racconta, e mostra, la t-shirt di una rock band acquistata quando frequentava la quinta elementare e che l’ha aiutata a capire il suo carattere. Un ragazzo spiega perché i suoi primi tacchi sono stati importati per la definizione di sé. Alcuni intervistati conservano indumenti di familiari che non ci sono più, altri svelano con fierezza abiti appariscenti usati per le serate da ballo in discoteca o nelle balere.
“Volevamo raccontare – ha spiegato Spivack a The Cut – una selezione trasversale di storie che rappresentano chi siamo, la nostra esperienza umana collettiva. Credo che a volte si presupponga che, dato che lo show è sugli abiti, avremmo parlato di moda. Volevo invece soffermarmi sul campo dell’abbigliamento e sul fatto che tutti indossiamo qualcosa ogni giorno. I confronti sono ciò che rende il documentario molto divertente e interessante, sperando suggerisca alcune riflessioni sulle persone e le storie che ci circondano di cui non abbiamo idea”.
‘I vestiti raccontano’ si focalizza sullo storytelling di persone comuni in cui lo spettatore può immedesimarsi; per una volta, il vestito e chi lo indossa diventano protagonisti senza l’aspetto spettacolare della moda.