Nel bel mezzo della pressione inflazionistica, la rottura tra il fast fashion e la gara dei prezzi al ribasso è sempre più evidente. La maggior parte delle aziende di moda ha riadattato i prezzi seguendo una tendenza al rialzo, attraverso aumenti diretti o rivedendo l’offerta dei prodotti, tanto che, secondo quanto riporta un’indagine di Modaes, acquistare nelle grandi catene oggi costa l’11% in più rispetto al 2019.
Ad esempio, un basic look firmato Zara (t-shirt bianca, jeans, sneakers e maglione) oggi viene a costare circa 85,8 euro, il 6,1% in più rispetto a febbraio 2019. Lo stacco è ancora più evidente la label Springfield, dove il prezzo medio è aumentato del 39 percento. L’analisi di Modaes mostra come in media un outfit base da Zara, Stradivarius, Bershka, Mango, Springfield, Pull&Bear, Kiabi e C&A è passato da 72,6 euro nel febbraio 2019 a 81,07 euro a giugno 2022. Fast Retailing (Uniqlo) è stata la prima grande azienda del fast fashion ad annunciare, lo scorso gennaio, aumenti per compensare l’incremento del costo delle materie prime e dei trasporti, oltre alla debolezza dello yen. Ma anche gli altri colossi della moda low cost hanno seguito l’esempio, come quelli sopracitati e compreso H&M. Perfino uno dei player più importanti del low cost, Primark, fino ad ora riluttante ad aumentare i prezzi, ha fatto sapere che farà dei ritocchi “selettivi”.
“La moda – spiega la testata spagnola – è un settore tradizionalmente deflazionistico. In effetti, l’ultima volta che il settore ha aumentato i prezzi in modo generalizzato è stato durante la crisi petrolifera del 1973”. Ma i rincari non sono sempre diretti, H&M e Inditex hanno attuato anche un’altra strategia, ovvero l’ampliamento delle linee premium, tale mossa aiuterebbe a rispondere ai rincari delle materie prime, alla necessità di portare sul mercato proposte più sostenibili, ma anche alla volontà di differenziarsi “dall’ultra low cost” del super low cost cinese Shein.
Secondo alcuni analisti interpellati da Pambianco Magazine, nel 2022 i prezzi del fast fashion dovrebbero toccare ulteriori rincari, segnando fino a un +10% sull’anno precedente, giocando soprattutto sulla spinta su proposte premium. “Questo – spiega l’Area Studi di Mediobanca – permette di procedere a un rialzo dei listini in maniera meno evidente: le aziende rimangono price leader nelle proposte basic, mentre le linee premium, create a partire da materiali di maggior pregio, consentono rialzi maggiori”.
Un approfondimento sui rincari nella moda è disponibile nel nuovo numero di Pambianco Magazine.