La holiday season fa i conti con diverse insidie, dalla scarsa fiducia dei consumatori, alle giacenze in eccesso, fino alle difficoltà logistiche del digitale. Amazon intanto brinda al record del Prime Day.
Da stagione cruciale per le vendite, a momento che rischia di acuire le difficoltà di brand e rivenditori, che arrivano alla sfida dello shopping natalizio con giacenze appesantite dalla pandemia Covid-19, meno disponibilità economiche per acquistare nuove collezioni e più consapevoli del ‘rischio paralisi’ della logistica legata all’e-commerce. La holiday season, il periodo che va dalla fine di novembre all’inizio di gennaio e che in America ingloba la fase delle spese legate alla Festa del Ringraziamento e al Natale, vede oggi diminuire la sua incidenza sul fatturato annuale, complice la capacità del web di creare entusiasmo attorno a molteplici eventi di shopping durante l’anno. Nel 2020, inoltre, la progressione delle vendite negli Usa potrebbe dimezzarsi rispetto alla media degli ultimi dieci anni: stando alle analisi di Cbre, il periodo segnerà una crescita inferiore al 2%, contro il +4,1% medio evidenziato dal 2010.
LE SFIDE DEL DIGITALE
Per rispondere in modo efficace alle sfide di questa fase, i retailer stanno potenziando le loro operations digitali, mixando promozioni per chi compra sul web a maggiori possibilità di ritiro della merce in negozio. “Assisteremo a una crescita modesta durante le festività natalizie, poiché le vendite nei negozi fisici saranno messe a dura prova e la fiducia dei consumatori in generale sarà tiepida”, ha dichiarato alla stampa internazionale John Morris, responsabile del retail per Cbre. Il manager prevede che l’e-commerce raggiungerà “nuovi massimi” quest’anno. Meghann Martindale, responsabile globale della ricerca sulla vendita al dettaglio di Cbre, ha definito questa stagione “un test significativo per nuove strategie e pratiche omnicanale”. Eppure, fatta eccezione per i pure player dell’e-commerce, il web potrebbe nascondere diverse insidie. Un’inchiesta condotta da Business of Fashion, dando voce a numerosi brand americani di abbigliamento, spiega infatti che diventa fondamentale oggi diversificare le opzioni di consegna e tenere presente che l’aumento dei costi che il Covid-19 ha provocato in tutta la supply chain non risparmia il last mile: “Ups e FedEx – si legge su Business of Fashion – hanno annunciato holiday surcharges (ovvero, rincari nei periodi festivi) già all’inizio di agosto. Le reti di consegna si stanno sforzando di gestire l’aumento dei volumi di e-commerce generato dai lockdown e probabilmente registreranno più ostacoli durante le vacanze”. Lo shopping su internet ha visto raddoppiare le sue quote ‘dall’oggi al domani’ con la pandemia ed è possibile che l’esplosione di richieste della holiday season renda poco sostenibili gli attuali modelli di business. Le difficoltà di chi oggi prova a compensare con il web la ridotta propensione dei consumatori agli acquisti nei negozi si scontra poi con lo strapotere di Amazon che, di contro, ha brindato al successo del Prime Day, estendendo sconti e promozioni anche ai prossimi mesi. Il nuovo Holiday Dash Event lanciato dal gigante di Jeff Bezos invoglia infatti ad anticipare lo shopping natalizio con oltre un milione di offerte in tutto il mondo.
LO SCENARIO ITALIANO
La situazione nel Vecchio Continente si annuncia non troppo distante dal panorama americano. E, questo, senza contare l’ipotesi che il Covid imponga nuovi lockdown generali. In Italia, fa sapere Federazione Moda Italia-Confcommercio, per il momento ci si attrezza con un approccio multicanale a una domanda che però è influenzata dal reddito disponibile netto delle famiglie italiane e dal clima di fiducia che permeerà il periodo. A fine anno, le stime dell’organizzazione di rappresentanza dei settori dell’abbigliamento, delle calzature, dell’arredamento, delle pelletterie e dell’ingrosso tessile prevedono una perdita complessiva che si aggirerà intorno ai 20 miliardi di euro di consumi nel solo settore moda, vista l’impossibilità anche di far conto sullo shopping tourism. “I magazzini – ha raccontato a Pambianco Magazine Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia – sono pieni di merce soprattutto della P/E, ecco perché abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere attenzione alle Istituzioni italiane auspicando di veder premiati i nostri sforzi, con l’estensione al commercio dell’art. 48-bis della legge di conversione del ‘DL Rilancio’ sulla svalutazione dei magazzini, che prevede la concessione di un credito di imposta del 30% ai prodotti rimasti invenduti a causa del Covid. Perché maggiore è l’invenduto e minore è la propensione a nuovi ordini. È un problema di filiera che va affrontato subito e insieme alla parte produttiva”. Il commercio elettronico, ricorda Borghi, ha riscosso molto interesse nel periodo di lockdown, “ma pensare che un canale di vendita, seppure innovativo e in costante crescita a due cifre, possa rappresentare la soluzione per ripartire, mi sembra alquanto azzardato per il settore della moda che vive di emozioni date dalla prova e dal contatto fisico con il prodotto”. Le complessità logistiche rappresentano soltanto uno dei tanti nodi da tenere in considerazione dal lato dell’offerta, come il confezionamento dei pacchi, la sostenibilità e i resi. Dal lato della domanda, oltre ad un occhio all’ambiente, visto che spesso i prodotti acquistati sul web fanno il giro del mondo, si dovrebbe guardare anche all’originalità degli stessi che circolano in rete, e anche alle politiche di pricing, sempre più al ribasso, che contribuiscono a creare confusione.