Quattro anni dopo il lancio del Fashion Pact, in occasione del G7 e per chiedere un cambiamento radicale dell’approccio della moda verso l’ambiente, l’organizzazione inizia a perdere alcuni nomi di rilievo. Hermès ha fatto un passo indietro come anche Selfridges, secondo quanto riportato da Business of fashion. Prima ancora era stata la volta di Stella McCartney che aveva lasciato discretamente l’organizzazione. La motivazione? Secondo la testata questi brand avrebbero lasciato la coalizione dopo i pochi passi avanti conseguiti nel periodo, che non sono andati oltre un progetto pilota e programmi di analisi preliminare. Il tutto mentre nuovi membri, tra cui Asics, Chloe e J. Crew Group continuano ad allargare le maglie dei membri e l’associazione ha appena comunicato un significativo cambio al vertice con la nomina di Helena Helmersson, CEO del gruppo svedese H&M nel ruolo di co-presidente in sostituzione di François-Henri Pinault, CEO di Kering e co-fondatore del Fashion Pact, che pur avendo completato il suo mandato di tre anni continuerà a sedere nel comitato esecutivo.
Attualmente il Fashion Pact conta oltre 200 brand che rappresentano tutte le segmentazioni di prezzo e circa un terzo della fashion industry. Tra i nomi del lusso che hanno aderito all’organizzazione ci sono Burberry, Capri Holdings, Chanel, Zegna, Ferragamo, Gruppo Armani, Moncler, Otb Group, Prada, Pvh e Ralph Lauren. Siglato nell’agosto 2019, per mano del presidente francese Emmauel Macron e del CEO di Kering François Henri Pinault, il Fashion Pact è nato con l’obiettivo di diventare la roadmap per guidare il settore della moda verso la sostenibilità. Tra gli obiettivi del patto c’è il ripristino della biodiversità, la volontà di preservare gli oceani, seguendo l’iniziativa Science Based Targets (SBT), il raggiungimento di zero emissioni di gas serra nel 2050 o l’eliminazione della plastica monouso.
Ma il raggiungimento di tali obiettivi sembra più difficile del previsto secondo Bof. In un articolo dedicato, la testata spiega: “È difficile tracciare esattamente come il gruppo si sta comportando rispetto agli obiettivi fondamentali per ridurre le emissioni, gli imballaggi in plastica e l’impatto delle materie prime. I membri sono tenuti a riferire i propri progressi annualmente, ma lo fanno in modo selettivo e, in alcuni casi, per niente. Molti devono ancora soddisfare le basi dell’impegno del Fashion Pact. Ad esempio, i firmatari dovrebbero stabilire obiettivi verificati e basati sulla scienza per ridurre le proprie emissioni, ma quasi il 40% non si è ufficialmente impegnato a farlo”. A Business of fashion Helena Helmersson, CEO di H&M Group e neo co-presidente del Fashion Pact, ha dichiarato: “Sappiamo di non essere cresciuti nel settore così velocemente come dovremmo, ma ci sono sicuramente diverse aziende che hanno mostrato progressi in modi diversi”.
Entro il 2030 i suoi membri dovrebbero raggiungere una autosufficienza energetica rinnovabile arrivando, appunto, ad utilizzare il 100% di energia rinnovabile entro quella data e raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050. Come ricorda Fashion Network, dal 2020, il Fashion Pact ha istituito un “contratto collettivo virtuale di acquisto di energia” (o CVVPA), un meccanismo volto a sviluppare l’uso delle energie rinnovabili in Europa. L’accordo sta inoltre sviluppando un benchmark comune sulla biodiversità per misurare l’impatto delle aziende su fauna e flora e aiutare a definire strategie più rispettose degli organismi viventi.