Negli ultimi anni i consumi di calze si sono ridotti e la crisi cominciata negli anni 90 ha determinato forti cambiamenti soprattutto per le piccole imprese. «Alcune sono state costrette a chiudere, altre a essere acquistate, altre ancora hanno rinunciato, in tutto o in parte, a produrre con un proprio marchio. Si sono dedicate al terzismo nella fornitura per le private label. In generale, si è assistito a un processo di progressiva concentrazione» precisa Nerino Grassi, fondatore di Golden Lady, prima di raccontare come Golden Lady ha reagito alla crisi.
«Il nostro è un gruppo di grandi dimensioni. Abbiamo oltre 5 mila dipendenti a 16 unità produttive in tutto il mondo. Oggi siamo leader indiscussi in Italia con una quota del mercato di oltre il 50%. E abbiamo una posizione importante nei principali mercati europei: il 55% del fatturato è realizzato all'estero, in 40 Paesi. Ci siamo rafforzati con le acquisizioni: Golden Lady è stato il più grande investitore del settore ed è il maggior gruppo privato al mondo. Per servire le grandi catene americane, nel '99 abbiamo acquisito la KayserRoth, che ha circa il 18% del mercato statunitense. Poi, alla ricerca di nuove fonti di competitività e per coprire tutti i segmenti di mercato, nel 2003 abbiamo acquisito da Sara Lee la Filodoro e con essa i marchi Philippe Matignon e Ny Legs, che si aggiungono ai nostri Golden Lady, SiSi, Omsa e Hue».
Un altro obiettivo è rendere ancora più fitta la rete di punti vendita Goldenpoint. «Siamo partiti quattro anni fa, per creare un network diffuso di insegne Goldenpoint, dirette a in franchising. Oggi i Goldenpoint sono oltre 450, di cui circa 100 all'estero. Vogliamo arrivare a coprire tutto il territorio nazionale e le principali città europee». Una scelta imposta dall'evoluzione del mercato a del prodotto. Soprattutto in un momento non facile per i consumi.
«Nel primo semestre di quest'anno c'è stato un calo del 9%. Ma in una situazione di mercato difficile» si consola Grassi «la previsione per il nostro gruppo è di chiudere 1'anno con un giro d'affari di circa 600 milioni di euro contro i 540 milioni del 2004. E 1'incremento è dovuto essenzialmente allo sviluppo dei negozi».
Estratto da Economy del 23/09/05 a cura di Pambianconews