Chi scopre la Cina scopre un tesoro, cioè un mercato pieno di nicchie nelle quali ancora non c'è produzione e nemmeno import, per cui il terreno è quasi vergine. Per esempio, la Facis di Torino ha messo gli occhi su una struttura del mercato dell'abbigliamento maschile che sembra un invito all'invasione: «Laggiù esistono due soli segmenti» dice l'amministratore delegato Piero Bucalo (nella foto) «cioè, numero uno, quello del lusso, con i marchi internazionali più costosi, ai quali hanno accesso solo i clienti più facoltosi che rappresentano uno strato crescente ma limitato della popolazione. E poi, numero due, c'è il segmento di mercato del vestiario ultra-popolare, destinato alle masse, che a loro volta stanno pian piano conquistando il benessere ma per ora si possono permettere solo abiti dozzinali, di produzione locale, di infima qualità e a prezzi stracciati».
In mezzo, e questa è l'occasione da cogliere al balzo, fino ad ora non c'era niente; mancava un mercato di prodotti intermedi, destinati a una « middle class» che a sua volta quasi non esisteva ma adesso è in impetuoso sviluppo e non sa come vestirsi. La Facis ha deciso di colmare il vuoto costituendo quest'estate a Hong Kong una joint-venture con un'impresa locale di distribuzione, che offre in una rete di negozi in Cina i suoi abiti da uomo per la clientela medio-alta. Le prospettiva iniziale di vendita è di «10 milioni di euro entro i primi due anni», dice ancora Piero Bucalo ma è solo un assaggio di quel che ci si attende, perché il potenziale è enorme, non esiste concorrenza e poi Hong Kong è risultata una buona base per negoziare altre joint-venture per la distribuzione a Taiwan, in Corea e anche in mercati più sofisticati come il Giappone e Singapore.
Facis dopo ha chiuso il 2005 con un fatturato di 42 milioni di euro e prevede per l'anno in corso un giro d'affari in ulteriore crescita a 46 milioni.
Estratto da La Stampa del 4/09/06 a cura di Pambianconews