I ‘magnifici sette’. È così che la stampa specializzata chiama le aziende che si spartiscono le maggiori quote del mercato dell’orologeria e che nel 2021 hanno vissuto una crescita record delle loro esportazioni. Le stime a supporto arrivano da Morgan Stanley, che nel report 2021 dedicato all’orologeria svizzera, realizzato appunto dalla banca d’affari americana in collaborazione con LuxeConsult (e diffuso dal portale Sjx), spiega come da diversi anni si assista a una polarizzazione accelerata del settore dell’orologeria, dove alcuni marchi, per lo più società private, sovraperformano, riuscendo poi a reinvestire in prodotto e marketing, per un circolo virtuoso che aumenta ulteriormente le vendite. Tali realtà godono di margini che crescono più rapidamente del fatturato.
Anche nel 2021 Rolex si conferma leader del settore con una fetta di mercato di quasi il 29% e un fatturato stimato che supera gli 8 miliardi di franchi svizzeri (oltre 7,8 miliardi di euro). Al secondo posto sale Cartier, maison ammiraglia del gruppo Richemont, il cui giro d’affari sfiora i 2,4 miliardi di franchi svizzeri. Nel 2021 Cartier ha scalzato Omega, sceso in terza posizione con i suoi 2,2 miliardi di franchi. A seguire, in un ranking per fatturato, troviamo Audemars Piguet (1,58 miliardi di franchi), Longines (1,54 miliardi), Patek Philippe (1,53 miliardi) e Richard Mille (1,13 miliardi). Completano poi la top 10 Tissot, Iwc e TAG Heuer.
Per comprendere meglio le dimensioni di Rolex, si consideri che la sua quota di mercato (retail value, ndr) è pari a quella dei successivi cinque marchi messi insieme. La sua market share nei due maggiori mercati degli orologi svizzeri, spiega sempre Morgan Stanley, è del 40% negli Stati Uniti (il più grande mercato mondiale per i segnatempo rossocrociati) e del 35% nel Regno Unito (il quinto mercato più grande).
Oltre al sorpasso di Cartier su Omega, il report evidenzia come, grazie ad un anno record e al conseguente balzo di due posizioni, Audemars Piguet abbia preso il posto del competitor Patek Philippe. I risultati da primato di diverse maison (stando alle stime di Morgan Stanley, il 2021 è stato per Rolex l’anno migliore dalla fondazione, con la produzione che ha toccato 1.050.000 orologi), hanno contribuito al dato record delle esportazioni di segnatempo svizzeri, che nei 12 mesi hanno sfiorato i 22,3 miliardi di franchi (21,47 miliardi di euro), con un aumento del 31,2% rispetto al 2020 e del 2,7% rispetto al 2019. Questi numeri, diffusi dalla Fédération de l’horlogerie suisse, hanno battuto il precedente record di vendite, che risaliva al 2014.
Guardando ai gruppi, i nomi di riferimento dell’hard luxury sono Richemont e Swatch Group. Più limitata l’incidenza di Lvmh (che però festeggia, nel 2021, la performance record di Hublot) e di Kering, che all’inizio del 2022 ha ceduto Ulysse Nardin e Girard Perregaux. Merita una menzione, precisa Morgan Stanley, la divisione orologi di Hermès, che ha evidenziato una crescita dei ricavi del 73%, pur restando, con il suo turnover da 364 milioni di franchi, in 19esima posizione.
Quanto infine al secondo polso – stimato a circa la metà del mercato dei nuovi orologi, ovvero circa 20 miliardi di franchi – è forse la cartina di tornasole più precisa in termini di desiderabilità di un brand di orologeria. I prezzi di rivendita danno infatti una buona idea della scarcity of supply (scarsità, rarità di offerta) sul mercato primario, con alcuni orologi che godono di rimbalzi, rispetto ai prezzi al dettaglio, che raggiungono il +50-150 per cento. Ciò accade per modelli iconici come il Rolex Daytona, il Patek Philippe Nautilus o l’Audemars Piguet Royal Oak, con prezzi complessivi ai massimi storici, che fanno temere una prossima bolla speculativa.