Il terremoto Ferragni fa vacillare l’intero universo degli influencer? Quel che è certo è che all’orizzonte incombe sugli imprenditori digitali una stretta da parte dell’Agcom: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha, infatti, approvato all’unanimità le ‘Linee guida’ volte a garantire il rispetto da parte delle star dei social media delle disposizioni del ‘Testo unico sui servizi di media audiovisivi’.
Definire le nuove misure una diretta conseguenza del ciclone che sta investendo Chiara Ferragni non sarebbe però corretto, dal momento che l’Agcom stava in realtà lavorando già da tempo al documento che di fatto equipara gli influencer ai fornitori di servizi media audiovisivi, stabilendo una serie di sanzioni per coloro che violino la normativa. La delibera in questione, si legge su Il Sole 24 Ore, risalirebbe infatti allo scorso luglio, ben prima che la prima influencer italiana diventasse la protagonista del ‘Balocco-gate’.
Nell’ambito del nuovo quadro delineato, a influencer e content creator è richiesto di attenersi a una nuova serie di regole relative innanzitutto alla trasparenza sulle pubblicità, con sanzioni previste che possono oscillare tra i 10mila e i 250mila euro. Ma anche a obblighi di tutela dei minori, con multe tra i 30 e i 600mila euro, e di trasparenza societaria.
Destinatarie delle nuove norme sono le figure che vantino almeno un milione di follower sulle proprie piattaforme o social media d’elezione e abbiano superato su almeno uno di essi un engagement rate medio pari o superiore al 2% (a significare che almeno il 2% dei contenuti pubblicati abbia suscitato reazioni, in termini di like o commenti, da parte degli utenti).
Per coloro che non superino la soglia stabilita del milione di follower, restano validi gli obblighi legali già in vigore, che li vedono dover sottostare, ricorda Il Post, alla legislazione italiana sulla pubblicità ingannevole e sulle pratiche commerciali scorrette (tra cui le norme contenute nel codice del consumo o nel decreto legislativo 145 del 2007). Negli ultimi anni, infatti, si sono avvicendati nel mirino dell’Antitrust diversi influencer, anche dal seguito modesto, sospettati di non rispettare tali leggi.
Proseguono intanto le indagini sul caso Ferragni-Balocco, che ha visto ricadere una sanzione da un milione di euro alle società riconducibili all’imprenditrice digitale e di 420mila euro all’azienda dolciaria per pratica commerciale scorretta legata all’opacità dei proventi legati a un’operazione charity. Secondo l’Autorità, “le suddette società hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro ‘griffato’ Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre un milione di euro”. L’ospedale infantile di Torino ha comunicato ieri di aver ricevuto la donazione di un milioni di euro che l’influencer aveva promesso nel chiacchiaratissimo video di scuse pubblicato sul proprio profilo Instagram.
Tornando alla vicenda giudiziaria, le procure di tutta Italia stanno trasmettendo a quella milanese i fascicoli a modello 45, ovvero a carico di ignoti e senza titolo di reato nati dalle denunce sul pandoro incriminato, ma anche sulla vicenda delle uova di Pasqua di Dolci Preziosi, anch’essa balzata agli onori della cronaca sull’onda della vicenda Balocco e sempre per poca trasparenza riguardo alla campagna benefica associata alle vendite.
Per tutta risposta, diverse delle aziende che avevano stretta una collaborazione con l’influencer ne hanno preso le distanze, dall’eyewear di Safilo a Coca Cola, che ha sospeso lo spot che sarebbe dovuto andare in onda a partire dalla fine di gennaio e, si vocifera, Monnalisa con cui è in essere la licenza per il kidswear e che, secondo rumor di stampa, starebbe valutando l’interruzione della linea. In questo clima di fuggi fuggi, potrebbero essere a rischio anche le altre partnership di pregio costruite in questi anni, tra cui Tod’s (dove la Ferragni dal 2022 non è più consigliere indipendente del consiglio di amministrazione ma è rimasta all’interno del board), Calzedonia, Intimissimi, Morellato, Pantene, Nespresso.
La prima influencer italiana, capostipite di una professione che fin dai suoi esordi raccoglie detrattori, soprattutto, ed estimatori, ha quindi monopolizzato dalla fine del 2023 l’attenzione della stampa, facendo di conseguenza finire sotto la lente di ingrandimento il fenomeno dei creatori digitali nella sua interezza. Fenomeno che, solo in Italia, muove un giro d’affari da oltre 300 milioni di euro.
Le incognite, ora, investono non soltanto l’impero di Chiara Ferragni e le congetture sulla sua uscita dalla crisi ma la tenuta dell’intero ecosistema degli influencer. Secondo Stefania Saviolo, professoressa all’Università Bocconi di Milano ed esperta del settore della moda intervistata da Bloomberg, i segnali rintracciabili ad oggi lasciano presagire che l’era degli influencer abbia raggiunto il suo picco e rischi di imboccare una china da cui sarà complesso risalire. La crisi di immagine e reputazione di Ferragni starebbe, dunque, cominciando a smascherare un mondo fatto di logiche aziendali e marketing, e ben poco della genuinità che gli utenti ricercano sui social media.
Secondo Karim De Martino, senior vice president e international business developement di Open Influence, agenzia specializzata proprio in influencer marketing, uno dei temi cruciali ha a che a fare con la regolamentazione di un mondo in cui la trasparenza sembra essere ancora troppo delegata all’onestà intellettuale dei singoli creator. “C’è un misto di disinformazione e poca attenzione alle regole – ha spiegato De Martino a Pambianconews -. Quello che sta succedendo con il ‘Pandoro-gate’, senza entrare nel merito della volontà di dolo su cui non è chiesto a noi pubblico di esprimerci, è la dimostrazione che nessuno è sopra le regole e che è un dovere di tutti noi addetti ai lavori (agenzie, centri media, influencer, brand) prestare attenzione a quello che si fa, lavorare seguendo delle regole condivise e non dare mai nulla per scontato”. Aggiungendo: “È comunque un dispiacere vedere quello che sta succedendo e certamente alla industry non giova il fatto che molti abbiano una visione polarizzata e superficiale sulla vicenda”.