Una virata di 360 gradi. Per capovolgere i numeri del fatturato e trascinare il gruppo Damiani, con i suoi cinque marchi, in una campagna di espansione in tutto il mondo. Non più ricavi, vicini ai 200 milioni di euro, concentrati in Italia, ma grandi numeri vendendo gioielli innanzitutto nei mercati internazionali. E sullo sfondo, come racconta l'amministratore delegato Guido Damiani (nella foto), si prepara un altro salto. La Borsa, con un assetto definitivo del gruppo oggi controllato dai fratelli Guido, Giorgio e Silvia.
Come pensate di crescere?
Con i mercati esteri. Nel giro di trequattro anni Damiani cambierà pelle. Per il momento le vendite all'estero non superano il 20% dei fatturato e il mio obiettivo è la «proporzione Bulgari»: l'85% delle vendite all'estero, il 15% in Italia. Ovviamente, aumentando anche il fatturato nazionale.
Vediamo dove.
Innanzitutto nei Paesi dove abbiamo già una presenza significativa. Dal Giappone, che ci vede in prima fila nei più importanti department store e dove apriremo un negozio-palazzo, agli Stati Uniti, dove quest'anno vogliamo raddoppiare il fatturato.
Per quanto riguarda la Cina, siamo a Hong Kong e a Macao, mentre per Pechino e Shanghai è ancora presto.
In Italia, invece, che strategia intendete seguire?
Anche qui stiamo cambiando pelle: meno punti vendita e molti negozi diretti.
Puntiamo ai negozi per la vendita diretta dei nostri cinque marchi. Ne apriremo non meno di 40, in tutta Italia, entro il 2008, sia di proprietà sia in franchising.
Nella crescita della Damiani sono previste anche nuove acquisizioni?
Abbiamo i soldi per farlo, ma non siamo Babbo Natale che regala soldi in giro. Di Pomellato possediamo il 16%. Un ottimo investimento, e buoni dividendi. Ma non ho fretta di comprare tutta l'azienda. Attendo una decisione definitiva dell'attuale proprietario che, per ora, non ha voglia di vendere. Peccato: perché con Pomellato le sinergie sarebbero straordinarie.
Estratto da Economy del 1/12/2006 a cura di Pambianconews