Saucony investe nel Belpaese e interpreta le nuove esigenze dei clienti sportswear attraverso strategie distributive mirate. È quanto emerso dall’intervento di Andrea Rogg, vice president & global general manager, durante il suo intervento al 28° Pambianco-PwC Fashion Summit. Saucony, the ‘Original Running Brand’ e divisione di Wolverine World Wide, Inc. è un global brand nel running che fonde performance, tecnologia e design in prodotti innovativi per i segmenti road, trail e sneakers. La collezione Saucony Originals aggiunge stile, creatività e autenticità al marchio, interpretando in chiave contemporanea i modelli che ne hanno segnato la storia.
Da dove nasce questo marchio?
Saucony è stato fondato negli Stati Uniti nel 1898, quest’anno è infatti il 125esimo anniversario del brand. Molti pensano che, considerato il successo in Europa del segmento lifestyle Saucony Originals, il brand non sia americano. In realtà nasce in una piccola cittadina della Pennsylvania. Il balzo in avanti è del 1968 con l’acquisizione di una famiglia di immigrati dalla Russia che hanno deciso di spingere sul settore sport. Oggi siamo parte di Wolverine World Wide, Inc. insieme a Merrell e Sweaty Betty, gruppo quotato da poco meno di 2,7 miliardi di dollari di fatturato.
La parte lifestyle di Saucony però è basata in Italia…
Sì, dobbiamo ringraziare il distretto di Montebelluna che vanta delle vere e proprie eccellenze nel mondo sportivo e dell’outdoor, Wolverine World Wide, Inc. ha investito quasi cento milioni sul territorio in quattro anni: uffici, personale raddoppiato e l’apertura a gennaio di altri uffici e uno showroom a Milano. Sviluppiano i prodotti e il design anche a Boston perché non dobbiamo dimenticare mai il nostro heritage americano.
Come mai si è scelto di istituire in Italia un headquarter?
Alla base ci sono state due riflessioni. In Europa sviluppiamo il 50% del nostro fatturato Saucony Originals mentre il 30% deriva dal mercato domestico che, strategicamente, rappresenta l’opportunità di crescita più importante negli anni a venire, il 20% è invece legato all’area Apac. La scelta è stata fatta per questioni di business ma anche perché è stata premiata l’eccellenza italiana per quanto riguarda il design e la scelta di colori e materiali.
Com’è la distribuzione di Saucony?
È focalizzata sulla parte alta della piramide con due diversi livelli di maturità. Lavoriamo molto con gli indipendenti, nell’area Europea sono spesso rivenditori legati all’abbigliamento mentre in quella americana nascono dal mondo delle sneaker. Il challenge per noi è riuscire a far leva sull’authentic spotlife heritage americano rendendolo influente anche al di fuori dagli Stati Uniti.
Che tendenze ci sono attualmente nel vostro mercato?
Speriamo si esca da questo eccesso di offerta che si è creata post-pandemia. Crediamo e speriamo possa accadere nella seconda metà del 2024; oggi stiamo affrontando una situazione di eccesso di offerta e calo di domanda dovuto ai fattori macroeconomici e inflazionistici visibili a tutti. Penso che in questo momento si debba fare attenzione, occorre essere pazienti, curare la distribuzione ed evitare gli errori che sono stati fatti negli anni passati dovuti all’over-inventory. Meglio far mancare un po’ di prodotto per consentire ai nostri rivenditori e consumatori di smaltirne un po’, di crescere con i consumi e poi ripartire su basi sane.
Continuerà la contaminazione moda-sportswear accentuata dal periodo Covid?
Vediamo il mercato dall’ottica dello sport lifestyle e siamo convinti che questa influenza continuerà. Abbiamo anche la fortuna di avere nel nostro dna il running che è la seconda categoria più importante all’interno delle calzature sport inspired. Vediamo questa contaminazione sia da un punto di vista dell’innovazione che dell’heritage; le tendenze sono presenti nella distribuzione molto alta e legate al prodotto performance così com’è nella sua origine, sia nel running che nell’outdoor e trail. C’è poi una contaminazione continua dello sport heritage nella parte sport-lifestyle. In questo segmento ci si sta spostando da un design chunky verso il minimalimo. Il consumatore ritorna alla semplificazione con profili molto più bassi, oggi Adidas sta vincendo nel mondo lifestyle con franchise di prodotti d’archivio come Samba e Gazelle. Anche noi abbiamo carte importanti da giocare tra i retro-runner degli anni Settanta.
Saranno trend assimilati anche dai fashion brand che continuano a puntare sulle sneaker?
C’è una contaminazione continua, alcuni trend nello sport lifestyle nascono da collaborazioni che possono nascere tra brand o designer che hanno una legittimità nella cultura fashion trasportando poi nello streetwear.
Anche Saucony gioca la carta delle collaborazioni? E che valenza hanno?
Una valenza di posizionamento. Abbiamo iniziato questo percorso due anni fa e siamo orgogliosi di aver vinto recentemente il Footwear News Collaboration Award 2023. Il nostro scopo è associarci a designer e brand che non hanno necessariamente una notorietà mondiale ma sono molto rilevanti nella loro community con un’ottica molto americana. Lo conferma la partnership con Jae Tips e ne lanceremo a breve altre con brand vicini al nostro dna; sono meno conosciuti ma molto rilevanti come ad esempio Minted New York, un run club molto influente nelle comunità che creano le tendenze. Per noi non si tratta di fatturato o business ma di posizionamento.
Che piani avete per Saucony Original nei prossimi 3-5 anni?
Pensiamo crescerà molto nel mercato americano, come sta già facendo, e anche in Cina dove da due anni abbiamo una joint venture con un partner locale. Manterrà un dna europeo dove conserverà un posizionakento molto alto.
Ci sarà mai un Saucony made in Italy?
Abbiamo fatto una piccola produzione di 5mila pezzi proprio nel periodo di uscita dal Covid, una limited edition molto alta, ha funzionato e non è da escludere che in futuro non ci siano operazioni di questo tipo.